Il rosario di Salvini e il rosario di Maria Bensi, di Agostino Pietrasanta

Posted on 24 agosto 2019 Domenicale Agostino Pietrasanta

https://appuntialessandrini.wordpress.com

il rosario.png

Martedì scorso, al Senato della Repubblica, mentre Conte, sorto da lungo letargo, stava sottoponendo Salvini al tuono, al temporale e alla risciacquata, quest’ultimo, forse per invocare protezione mariana, andava baciando con stupito e persino penitenziale trasporto, una coroncina del rosario che evidentemente porta in tasca per le più diverse e mutevoli situazioni: talora per gratitudine doverosa nei frangenti della vittoria, altra volta per rigori da penitente.

Non giudico ovviamente la buona fede della devozione salviniana, ma quella scena del bacio riparatorio, mi richiama alla mente il comportamento di un personaggio molto diverso: una donna che negli anni del secondo dopoguerra, in città, non temeva di entrare nelle assemblee sindacali col pugno chiuso in solidarietà coi compagni della sinistra storica, ma tenendo nel pugno la corona del rosario. Va da sé che il pugno chiuso non permetteva alcuna ostentazione né suggeriva dubbi da messaggio più ambiguo che ambivalente.

La donna era Maria Bensi, morta nell’estate del 1974 e precisamente il 20 agosto, dunque proprio quarantacinque anni fa e poiché talora mi propongo di rinfrescare memoria delle vicende, purtroppo sepolte della vita della Chiesa locale, farò seguire qualche cenno.

In realtà la Bensi, di questa Chiesa fu protagonista; operaia alla “Borsalino” venne nominata nel 1932, presidente diocesana delle donne di Azione Cattolica. Cosa rimarchevole in quegli anni, dal momento che la sua formazione, ferma alle elementari, non ne faceva certo una avvertita intellettuale. Tuttavia la sua riconosciuta autorevolezza all’interno della fabbrica e del mondo del lavoro ne faceva una protagonista sempre pronta alla difesa dei diritti dell’operaio e soprattutto della donna lavoratrice, Per la Bensi il lavoratore era l’imitatore di Cristo che, nella falegnameria del padre Giuseppe, aveva lavorato; non credeva nella lotta di classe, ma nella proposta ragionevole quanto inderogabile. Non amava i padroni, ma leader indiscussa, imponeva alle colleghe operaie il rispetto per tutti, anche se si divertiva a scrivere che “i padroni oltre a essere liberali sono anche libertini”. Stessero dunque attente le sue colleghe!

Aveva due riferimenti che suggeriva al comportamento delle amiche di officina: il testo sacro, soprattutto i comandamenti che invitano a non rubare e s. Agostino, ma solo nell’invito a tendere sempre al destino finale di tranquillo abbandono alla Provvidenza. Nonostante questo, nonostante il suggerimento alla rassegnazione, come esito di Fede,, non rinunciava certo alla lotta per i diritti e nel secondo dopoguerra la troviamo tra i fondatori del sindacato unitario, salvo ribellarsi quando sospetterà i tentativi interni e contrari alla libertà di lotta operaia indipendente dalla prepotenza delle parti.

Dal 1945, vicesindaco di Alessandria per conto della DC, propone un impegno in politica di servizio gratuito in nome della sua Fede e dei suoi ideali sociali in prospettiva della dottrina sociale della Chiesa; rinuncia alla indennità prevista e ribadisce, ripetutamente nei suoi interventi, il preciso dovere del “non rubare” soprattutto rivolto ai compagni e agli amici della sua avventura amministrativa. Nelle elezioni comunali del 1946 viene subissata di preferenze e nello stesso anno, candidata alla Costituente, benché non eletta, raggiunge un apprezzabile risultato.

Rimasta operaia, si ritira alla fine degli anni sessanta per assistere le sorelle in difficoltà, senza mai ostentare la sua Fede e la sua devozione, nonostante una convinzione radicata che non le venne mai meno.

Permettetemi un richiamo personale; nei primi anni settanta, presidente diocesano dell’Azione Cattolica, mi capitò di ragionare con un gruppo piuttosto numeroso di vari problemi organizzativi. Feci presenti parecchie mie preoccupazioni; non conoscevo la Bensi di persona, ma solo per avere letto di Lei. Alla fine della riunione, mi si avvicinò una donna, con atteggiamento umile, ma deciso e al limite un po’ accigliato; mi disse, in modo riservato e severo: si preoccupi meno e preghi di più. Mi accorsi che nel mio intervento non avevo accennato alle risorse della preghiera e lo ebbi per lezione. Mi informai: mi dissero che la donna era Maria Bensi. Due anni dopo partecipai commosso alla liturgia della sua Resurrezione.