Urla la fine che pianta germogli, di Letizia Di Cagno

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Si può ancora parlare d’amore – così tanto bistrattato in poesia – senza essere solo amore ma biologica sostanza dell’amato? O meglio, si può essere ciò che si ama, non per amare, ma soltanto per essere? Si può dare risposta, prova tangibile (e quindi arte) d’amore, senza passare dalla gabbia stereotipata del sentimentale spicciolo, dunque senza sbranare ma essendo sbranati?

Questo sembra voler provare Letizia di Cagno (Bari, 1998) con la sua opera prima dallo struggente titolo Urla la fine che pianta germogli: ossia decifrare l’amore (e ciò che si ama) attraverso la dispersione del proprio sentimento. Il risultato di tale esperienza, ovvero quello che in questo libro resta al lettore, sono forse soltanto i cocci di un vaso in divenire, e la poetessa, da brava vasaia, lo sa bene, dato che ama il suo stesso invaso, ma anche l’incavo dell’amato, la sua lontananza che è proprio, e a ragione, dentro di lei. Poiché amore, per tutti, è stare da soli in due; amore ovvero sedimento, di una radice che alimenta due alberi.

Questa è l’inversione dell’amore, la propria riconoscenza: un esistere attraverso l’altro e per l’altro, che siamo noi. Condizione nobile ma anche distruttiva, perciò umanissima. E cos’è il poeta, se non il più umano degli amanti, se non il più innamorato dei perdenti? Letizia Di Cagno assimila bene questa lezione, offrendoci una poesia intelligente e sana, giustamente emotiva ma misuratissima, proprio come l’amore vero.

Letizia Di Cagno

Note biografiche Autrice

Letizia di Cagno è nata a Bari nel 1998. Attualmente vive a Verona dove ha intrapreso gli studi di Filosofia. Si interessa di musica, arte, cinema e religioni, particolarmente attratta dalle tradizioni iniziatiche e dalle correnti mistiche. Suoi testi sono stati pubblicati sulla rivista di poesia “Atelier” e sul giornale internazionale di poesia “Inverso”. Nel 2019, con la sua silloge d’esordio “Urla la fine che pianta germogli”, risulta finalista al premio Letterario Camaiore e tra i segnalati al premio di Poesia e Prosa Lorenzo Montano e al premio Città di Como. Nello stesso anno è stata tradotta in lingua romena da Daniela Mărculeț per la rivista letteraria “Prăvălia culturală. Un suo inedito è stato pubblicato su La Repubblica (26 maggio, edizione di Bari).

Antonio Bux

Poesie

Ancora per Laura

Un ultimo saluto.

Ho ritrovato tuoi chiari segni

nel profumo del prato, ma come

la falena, che sembra volare invece mai,

adesso sangue del tuo sangue

scrive il tuo nome a caratteri irreali

e finalmente con gioia

per non esisterti.

Dalla materia del sogno

Anche tu, cresci. Non scusi

questa mia magra pelle.

Come se per definizione intendessi

frantumare lo stelo di grano,

stecchito, sfrattato dalla materia

del sogno, dal cordone del mondo.

La fine

Quanto mi tocca da vicino
la scoperta del mondo!
Io sono un improvviso sciame
che strimpella, ai piedi della tua dinastia
felice. Sopravvivo a sorsi
alla carezza. È la tua;
perché decido l’amore
come la realtà che sente la marmotta
nel centro della sua silenziosa
buca. Affondo le dita in una cera
che non ustiona – a quest’ora
cantano i fiori, il tempo
si preannuncia come garante
della Bellezza.
Sento la fine
sgranocchiare il mio pranzo.