Politica gridata, politica ovattata, Dario Fornaro

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Alessandria: Sul primo corno del dilemma (politica gridata: spesso farcita di sguaiataggini o tronfia di solenni banalità), ci sarebbe poco da aggiungere, bastando il discredito  e la noia che suscitano  in crescendo tra i cittadini.

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Capita talora di consolarsi (?) adducendo che tali “prestazioni” siano di  speciale pertinenza della dimensione e della competizione nazionale, ancorché cloni volenterosi dei “leader maximi” non disdegnino di esibirsi anche sulle scene periferiche.

La cara provincia, dunque, come ultimo, possibile rifugio di una dialettica politica mirata alla concretezza dei problemi locali e sviluppata con toni mediamente controllati anche nei confronti più accesi. Alias, la piccola comunità che rimanda romanticamente alla democrazia sotto l’albero.

Contesto respingente il primo, e discretamente accattivante il secondo.

Strepiti e strapolemiche a parte, anche il contesto cosiddetto locale, però,  mostra talora segni peculiari di un certo deterioramento del clima democratico e partecipativo nell’approccio al governo della cosa pubblica. Ovvero: per discutere, si continua a discutere – magari più sui social che sui canali e nelle sedi tradizionali – ma  l’argomentario scelto/proposto è sempre più fluido, apparentemente casuale, ma anche per certi versi opportunistico, nel coltivare o emarginare temi e spazi d’attenzione.

Per tentare qualche esempio si può bussare alla città dei due fiumi e dei pochi clamori. Quivi il fugace passaggio sul proscenio, o il tardivo affacciarvisi, di notizie relative a interventi di massimo rilievo sul territorio comunale, si  inquadra problematicamente – per dirla alla Jaques Monod – tra il “caso” e la “necessità”. Tra spontaneismo e calcolo, diciamo noi.

Abbiamo dunque a che vedere con un paio di casi.

Dapprima con  le due aree commerciali esterne al nucleo urbano, nobilitate come “retail park”, site ad est e ad ovest della città e “notificate” al pubblico quando i lavori di sbancamento e costruzione erano già in fase avanzata e sotto gli occhi di tutti.

Il tutto partito e realizzato con un formidabile slalom tra i paletti che politica ed esercenti si ripromettevano continuamente di piantare in città a tutela del sempre strategico commercio del Centro storico. Le comunicazioni poi, per quanto tardive, di quanto andava sorgendo, non hanno suscitato – quando si dice la fortuna – sorpresa alcuna né recriminazione per quanto flebile.

Le due Amministrazioni succedutesi, e relativo corredo di partiti e movimenti, si sono riservate  (esauriti con tutta discrezione gli atti pubblici attinenti ai due insediamenti) comodi posti alle finestre, a titolo di osservatori defilati di progetti e lavori di natura privata. Imedia, a loro volta, hanno osservato giudiziosamente i tempi e i modi della politica locale in modalità ovattata.

Più recentemente poi – come lavori sul campo; ma la vicenda politico-progettuale risale almeno al bando di gara indetto dal Comune nel 2015 – la città, nelle prime settimane di quest’anno, è entrata in contatto reale  con la spettacolare iniziativa del teleriscaldamento esteso a tutto il nucleo urbano ( con la confortante previsione di circa 750-800 allacciamenti, al servizio di 65-70000 cittadini, tramite una rete di adduzione di 62 Km  di tubazioni. Il tutto con un cospicuo investimento di 95-100 milioni di euro reperiti in project financing dalla società aggiudicataria in gara).

Non si può dire che la città fosse digiuna di teleriscaldamento, visto il gran parlare del primo esperimento in materia realizzato negli anni scorsi in una porzione del quartiere “Cristo”, ma non si  può dire, del pari, che la città  fosse granché informata e consapevole della grande operazione che stava per mettersi in moto sul territorio urbano. Con i cospicui vantaggi prospettati e i non meglio valutati disagi in corso d’opera.

Neanche l’apertura del cantiere, in zona defilata tra la Tangenziale e la “Casetta”, per l’edificio destinato alla prima centrale termica  (la seconda, a seguire, è prevista  in zona “Orti”) ha smosso soverchio interesse. Solo quando, all’inizio dell’estate, sono cominciati (con militare determinazione,  cospicua mobilitazione di mezzi d’opera e occupazioni di spazi di servizio nel verde pubblico) i lavori per la posa delle tubazioni sotterranee, i cittadini, almeno quelli dei quartieri Euro-Pista inizialmente coinvolti, hanno potuto “realizzare” visivamente”, magari a partire dallo “sbudello” di Via SG Bosco, qualità e dimensioni, anche temporali, dell’impegno caricato sulla città.

Reazioni e commenti? Nessuno in pubblico, che si sappia, fuor di eventuali, private sorprese o perplessità. E questo sembra deporre – nel senso della risonanza ovattata – per il successo, ad oggi, delle politiche (o non politiche) informative sull’operazione teleriscaldamento  che, per dimensioni dell’impegno, non ha l’eguale se non si risale agli interventi post alluvione del’94. Oggi, per intenderci, siamo ad un botto di oltre cinque ponti Meier.

Sul piano informativo – che è poi quello che qui interessa a prescindere da questioni di merito/opportunità sugli esempi richiamati – l’onore e l’onere di raccontare progetto e realizzazione del teleriscaldamento devono essere stati affidati al combinato industriale Egea-Telenergia, visto che sono stati finora gli unici soggetti a parlarne scegliendo, ovviamente e non senza perspicacia, tempi, modi e contenuti dei messaggi.

 L’amministrazione comunale, esauriti i complessi atti concessori, sembra aver scelto la posizione dell’osservatore-controllore di un grande progetto privato, senza ingerirsi nella comunicazione. Neppure ove sorgano problemi di rassicurazione ai cittadini – che hanno cominciato a sperimentare il “sottosopra” del suolo pubblico impresso inevitabilmente dai lavori – sul fatto che il pieno ripristino delle condizioni iniziali manomesse faccia già parte, come è logico supporre, degli impegni assunti dalle imprese operanti sul terreno.

In definitiva, se qualcuno da Palazzo Rosso battesse qualche volta un colpo su interventi urbani di tanta e coinvolgente rilevanza, farebbe opera meritoria: certamente sotto il profilo informativo, ma anche per contrastare quel senso di inutilità, quel crescente distacco-indifferenza dei cittadini dalla politica del quale  poi tutti si lamentano (pardon, ci lamentiamo).