Il tempo dei “rapidi”, di Angelo Marinoni

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Alessandria: Un aspetto particolarmente importante e non sufficientemente considerato in molte dimensioni locali nell’offerta ferroviaria è il servizio universale, ovvero quell’insieme di relazioni servite dagli “intercity”.

Il tempo

Nel Piemonte orientale questo tipo di relazione è rappresentata dai poco significativi intercity Torino – Genova, tre coppie che tendono all’inutilità piuttosto velocemente e le cui risorse potrebbero essere impiegate in modo decisamente più proficuo.

Il servizio universale, in Italia gestito, ça va sans dire, da Trenitalia su affido diretto è un elemento molto importante dell’offerta complessiva di quasi tutte le regioni e sta diventando anche una delle punte di diamante dell’offerta di Trenitalia con materiale rotabile di buon livello e prestazioni in termini di tempo non da “frecce”, ma comunque appetibili a fronte di tariffe ovviamente più impegnative di quelle regionali, ma ancora lontane dai treni a mercato. Anche perché, giova ribadirlo, questa categoria di treno è contribuita dallo Stato.

Diventa quindi un esercizio non prettamente campanilistico quello di evidenziare dove siano presenti e con quali volumi le relazioni intercity e, per esempio, a fronte di un treno ogni ora sulle riviere liguri assistiamo, in Piemonte, a tre coppie di intercity fra Torino e Genova sostanzialmente inutili e una coppia fra Torino e Milano unica ancora più inutile.

E’ del tutto evidente che a fronte di un servizio regionale importante fra Torino e Milano e fra Torino e Genova e in assenza di un servizio fra Torino e Bologna che non sia AV e abbia unica fermata Milano ci si aspetta che sia li’ l’impegno ministeriale e quindi il servizio intercity: ancor più che un servizio universale acquisisce senso se connette più regioni e consente quella continuità territoriale che in Italia è stata semanticamente e progettualmente confinata alla connessione delle aree geograficamente più remote alla Capitale o a Milano.

La continuità territoriale è un concetto più ampio e più importante e deve essere interpretato dalla programmazione nazionale dei trasporti come l’elemento di coesione fra diversi territori, seguendo i corridoi socioeconomici senza alcuna logica localistica.

In questo senso diventa importante individuare una serie di relazioni che siano in grado di interpretare questa continuità territoriale nazionale che comprende e non si sovrappone alla continuità territoriale delle aree geograficamente più remote rispetto ai centri nodali del paese.

Fino alla seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso resistette una rete Intercity (erede dei rapidi nazionali e degli espressi internazionali) avente queste caratteristiche che è stata poi demolita quando la maldestra applicazione del dlgs 422/97 che attribuiva alle regioni la programmazione di molte relazioni non ha costruito un insieme di reti locali che invece di inserirsi nella rete nazionale si è parzialmente sovrapposta regionalizzando anche percorsi nazionali e, in molti casi, derubricando a locali tratte che non lo erano. L’impatto delle programmazioni locali e della frammentazione regionale sulla programmazione del servizio universale dello Stato è stato devastante fino trasformare questo servizio, sostanzialmente, come un elemento della gamma d’offerta del vettore Trenitalia rispetto ai treni di categoria superiore.

Una situazione, quindi, dove si è manifestato un peggioramento di molte relazioni, un abbandono di altre e una incapacità di restituire la sua universalità al servizio universale, che si ripete, è pubblico seppure alcune tratte integrative non contribuite e in perdita siano state mantenute in cambio una stabilità del servizio.

E’ questa la ratio per cui è stato firmato un contratto fra Trenitalia e lo Stato decennale iniziato nel 2017 e avente termine nel 2026.

http://www.fsnews.it/fsn/Sala-stampa/Cartelle-stampa/Firmato-nuovo-contratto-di-servizio-Intercity-per-i-prossimi-10-anni

In quest’ottica la rivendicazione dei treni Intercity Torino – Asti – Alessandria – Bologna – Ancona – Bari iniziata alla fine del 2018 con apice nel consiglio comunale congiunto Alessandria-Asti del 27 dicembre non perde di attualità e in questa stessa ottica andrebbe ridisegnata la rete IC sulle logiche della connessione nazionale e non della gamma dell’offerta del vettore che opera il servizio universale, seppure non si possa negare al vettore un progressivo ed efficace miglioramento della sua offerta nel rispetto preciso del contratto firmato nel 2017.

Nel comunicato stampa diffuso dopo la firma si evince un dato importante ovvero quello per cui la rete IC tocca tutti i capoluoghi di provincia ed ha una copertura del 90% del territorio nazionale, ma si tratta, chiaramente, di una interpretazione dei dati e non di una lettura oggettiva degli stessi che dà, in termini di efficacia sul territorio, un risultato diverso; se si legge la copertura della rete ferroviaria con punti di fermata dei treni intercity come la copertura territoriale di un operatore telefonico si ottiene un risultato con i numeri accennati, ma se si guarda alla rete IC e alla sua programmazione ci si accorge che ci sono territori in cui la rete IC è ossatura dell’offerta complessiva e territori parimenti antropizzati in cui la rete IC è meramente sovrastrutturale al servizio regionale e non è né complemento né integrazione.

Secondo elemento che si evince è che la rete IC, sorpassando il concetto di servizio universale per affacciarsi a quello di servizio complementare veloce parzialmente contribuito, si muove esclusivamente sulla rete che RFI (Rete Ferroviaria Italiana) definisce fondamentale (dopo le applicazioni del dlsg422/97) dove in buona parte si muovono, sulla stessa o sulla rete AV parallela, anche i treni a mercato.

Si ha quindi una connessione dei capoluoghi di regione che si sovrappone agli altri livelli della programmazione e non si ha, in molti casi, alcuna connessione dei territori importanti e distanti socioeconomicamente dai capoluoghi regionali fra di loro e con i punti d’interesse fondamentali del paese per una rete IC (a parte Milano e Roma, per esempio Malpensa e Bologna che è porta dell’Adriatica e del Brennero).

Come accennato a seguito dell’attuazione del dlgs 422/97 relativo alle deleghe alle regioni della programmazione ferroviaria “regionale” sono state derubricate a locali molte tratte che invece sono sempre state fondamentali e su cui i treni Intercity o sono scomparsi o non sono stati mai istituiti: in Piemonte la Torino – Savona e la Arona – Santhià (ora addirittura sospesa) che era parte della Domodossola – Torino.

Si evince quindi l’urgenza di una importante battaglia per una radicale revisione dell’attuale impostazione della rete intercity e tale battaglia ha come epicentro, nemmeno a farlo apposta, Alessandria che sembra un esempio di scuola come capoluogo raggiunto si’ da un servizio intercity, ma del tutto inefficace pur essendo un punto di diramazione della rete fondamentale e contemporaneamente punto di origine di molte linee complementari.

In Alessandria, quindi, si incrociano maglie della rete fondamentale e della rete divenuta complementare che senza alcuna logica di gestione territoriale dalla programmazione intercity sono di fatto escluse non potendo considerare l’attuale offerta sul capoluogo alessandrino degna di essere prese in considerazione, anzi meritevole di cancellazione per reinvestirne in modo utile e appropriato le risorse.

Ecco che Alessandria si trova punto di incrocio di tre direttrici non percorse in modo sensibile da treni di categoria superiore e che fanno dello scalo un potenziale punto nodale non solo dei treni regionali, ma anche di quelle medio-lunghe percorrenze che tanto si dice, a livello nazionale, di voler incentivare per ridurre l’uso delle vezioni inquinanti come la strada e parzialmente l’aria.

Ad Alessandria si dirama  una dorsale tirrenica (Torino – Alessandria – Genova – La Spezia) e una dorsale emiliano-adriatica (Torino  – Alessandria – Bologna) e su Alessandria potrebbe e dovrebbe convergere una dorsale Milano – Ponente Ligure integrativa che invece che da Genova dovrebbe passare da Acqui e Savona (Milano – Alessandria – Acqui – Savona – Ventimiglia) completando per davvero la copertura del territorio nazionale e sviluppando per  davvero quell’offerta di mobilità sostenibile che è strumento indispensabile dello sviluppo economico di un’area del Paese tanto lodata ad ogni transito di decisore, ma perennemente in un angolo durante l’erogazione dei servizi fondamentali.