Grazie Professore per avermi concesso questa intervista che la farà conoscere un po’ di più ai numerosi lettori di Alessandria Today.

Conosciamo il Prof. Paolo Mazzarello come docente e scrittore, chi è il Sig. Paolo Mazzarello fuori dal contesto Universitario?
È un po’ difficile separare i confini interni della propria vita che sono fluidi e porosi per tutti, e lo sono certamente per me. Vivo con mia moglie e mia figlia. Leggo e viaggio molto, soprattutto nei paesi orientali. Ho visitato due volte la Cina e il Giappone, ho fatto lunghi viaggi in Siria (qualche anno prima che scoppiasse la guerra civile), in Iran, Nepal, Egitto, Giordania, Armenia, Uzbekistan. Talvolta ho viaggiato per raccogliere materiale per i miei libri. In particolare questo è accaduto con “L’erba della Regina” (Bollati Boringhieri 2013), la storia di un decotto “miracoloso”, sviluppato da un guaritore bulgaro, per curare una malattia neurologica infettiva. Ho viaggiato nelle campagne della Bulgaria (il libro è stato tradotto in bulgaro) e del Montenegro raccogliendo molte notizie del tutto sconosciute che mi hanno permesso di ricostruire una storia affascinante nella quale il nostro paese ebbe grande rilevanza. Nel tempo libero leggo molto, sia saggi che romanzi. Il mio scrittore preferito è Lev Tolstoj, un animo titanico in grado di rappresentare la maestosità della natura e di catturare con esattezza psicologica infallibile il comportamento dei suoi personaggi. Sono un gran camminatore. Muoversi è il miglior modo per pensare. Il movimento impegnativo ma non troppo favorisce le collisioni creative. Ogni tanto scrivo sui giornali. Ho scritto articoli per La Stampa, il Corriere della Sera (e anche per i suoi supplementi settimanali, Sette e La Lettura). A parte questo, musica e amici. Vado poco al cinema.

Il suo ultimo romanzo: “L’inferno sulla vetta” (Bompiani) uscito nell’aprile di quest’anno ha già annoverato recensioni più che positive in ogni piattoforma di acquisto on line e non.
Una sorta di saggio storico che si mescola ad una parte narrativa pronta a raccontare una tragedia che, nonostante tutto, riesce ad appassionare il lettore fino all’ultima pagina.
È una di quelle trame che sembra arrivata da una scintilla creativa. Come è arrivata l’ispirazione di scriverlo per riportarlo ai futuri lettori?

L’idea di scrivere il libro è nata in Nepal durante una lunga escursione nella valle del Khumbu, lungo Namche Bazar fino a Gorak Shep e alla cima di 5463 metri del Kala Pathar, di fronte all’Everest. Viaggio impegnativo sul piano fisico che ho fatto con un mio amico, Giamba Parigi, professore di chirurgia pediatrica a Pavia ed esperto alpinista. Io non conoscevo le montagne ma ho voluto sfidare me stesso in questo viaggio, giorni e giorni a piedi in un muto soliloquio con me stesso. Mi venne in mente di aver letto un resoconto drammatico di una vicenda di montagna in cui era stato coinvolto nel 1896 Filippo de Filippi, esploratore dell’Himalaya e scalatore del Monte Sant’Elia in Alaska con il Duca degli Abruzzi. Mi è venuta voglia di scrivere di montagna e ho pensato che al ritorno avrei potuto approfondire questa vicenda che vide coinvolti anche due fratelli, Alfonso e Raffaello Zoja, figli di un medico che aveva insegnato anatomia a Pavia collaborando con il famoso fondatore dell’antropologia criminale, Cesare Lombroso. Così al mio ritorno ho raccolto il materiale sulla base del quale ho scritto il libro. 

A chi è diretto il libro, chi è il suo lettore ideale?
Il mio è un tentativo di descrivere delle vicende umane, una in particolare, che racchiude una sua grandezza pur nel dramma che la avvolge. La storia di un giovane idealista (Raffaello Zoja detto Jello), appassionato di politica (siamo nel periodo del nascente socialismo) e di scienza, ammiratore di Darwin e della ricchezza inesauribile della natura. Un uomo tradito dai suoi ideali. Penso che chi ama le storie forti, dove ci si confronta con la grandezza e la miseria della vita, e la forza indifferente della natura possa apprezzarlo. Poi chi ama lo spirito delle montagne, la natura selvaggia e imprevedibile, la coesistenza del sublime con l’orrido e il tremendo….   

Come sappiamo, lei è autore di altre opere: c’è una di queste che l’ha impegnata di più e perché? E a quale è più affezionato?
Il libro che mi ha impegnato di più, alcuni anni, è la biografia del primo italiano che vinse il premio Nobel, Camillo Golgi, esploratore del cervello che ottenne il riconoscimento per la medicina nel 1906. Il libro dal titolo “Il Nobel dimenticato. La vita e la scienza di Camillo Golgi” (Bollati Boringhieri, appena ristampata la terza edizione rivista) ha anche avuto due edizioni della Oxford University Press. Ma anche il volume sul naturalista Lazzaro Spallanzani mi è costato molto in termini di tempo e lavoro (“Costantinopoli 1786: la congiura e la beffa. L’intrigo Spallanzani,” Bollati Boringhieri).

Ha nuovi progetti letterari nel prossimo futuro?
A gennaio 2020 uscirà dall’editore Bompiani una nuova edizione rivista de “Il professore e la cantante”. È la storia di un professore avviato verso i cinquant’anni, Alessandro Volta, che perde completamente la testa per una cantante d’opera (Marianna Paris). Una vicenda sentimentale drammatica che ebbe riflessi sull’attività scientifica dell’inventore della pila elettrica, uno degli uomini che traghettarono il mondo verso la modernità scientifica. Poi ho alcune idee ma è troppo presto per parlarne. 

Un’ultima domanda per i nostri lettori: che messaggio vuole mandare al pubblico con questo nuovo libro edito da Bompiani?
Messaggio è un termine troppo forte. Direi che sarei contento di trasmettere le emozioni e le sensazioni che ricevo io quando mi confronto con vicende sconosciute, ma che hanno uno spessore umano notevole. In genere sono le storie che ti pongono di fronte alle sfide della vita, al superamento delle difficoltà, ai tentativi di trovare delle soluzioni e “uscire dal labirinto”. Tali sono per esempio le vicende di Giulia Cavallini la prima donna che sopravvisse al taglio cesareo con la tecnica inventata da Edoardo Porro, ostetrico a Pavia. Una vicenda drammatica che racconto in “E si salvò anche la madre” (Bollati Boringhieri), destinata a mutare per sempre le prospettive della nascita nelle donne che avevano difficoltà a partorire per le vie normali. Oppure la storia del “Giusto fra le Nazioni” Don Luigi Mazzarello (non mio parente diretto) che racconto in “Quattro ore nelle tenebre” (Bompiani). Un uomo che sfidò la sorte nascondendo nel piccolo Santuario della Rocchetta di Lerma quattro ebrei, uno era lo zio di Primo Levi e la moglie era la zia di Emanuele Luzzatti (il famoso artista, scenografo e illustratore genovese), mentre sulle montagne vicine si scatenava il finimondo e avveniva l’eccidio della Benedicta che pure racconto.  Vicende dunque intense e forti, ma spesso anche piene di fatti comici, situazioni grottesche e divertenti. 

Per acquistare il libro: https://www.bompiani.it/catalogo/linferno-sulla-vetta-9788845297786