Da un paio di anni mi sono detta che nella vita ci sono due grandi “P”.
Preziosa.
Precaria.
Ne ho subito aggiunta un’altra, di “P”.
Paradossale.
Posso – quindi devo – arrivare alla quarta “P”, fondamentale nella mia esistenza: “Paola”.

La morte improvvisa di alcuni miei affetti mi ha fatta arrivare a questo: la vita è preziosa perché precaria. Spesso paradossale, tutto sembra un grande arcano ma – a guardarlo bene – è proprio quando ci sentiamo appesi a un filo che dobbiamo trovare la forza di guardare le cose diversamente.
La ricerca del senso della vita va condotta dentro di noi. Ed ecco che arrivo a Paola, la mia quarta lettera “P”.

Ho il dovere di dire con onestà le cose che penso, anche per questo – in molti – mi apprezzano. Non ho energie da spendere inutilmente, nel tentativo vano di convincere un altro di come sono o di come non sono. Che mi veda come vuole, ha il diritto di vedermi anche come il diavolo in persona e di evitarmi, è padrone del suo libero arbitrio.
Però non mi deve nuocere, nessuno ha questo diritto.
Se decide che io sono una persona da evitare, mi deve evitare, e basta.
Deve dirmi “Io non mi rapporto bene con te per questo e quest’altro”, ne prendo atto, saluto cordialmente e amici più di prima.
Non è che io debba arrivare a leggere nel pensiero e nei comportamenti – spendendo tempo dunque vita preziosa – ascoltando giudizi e pregiudizi di chi mi attribuisce torti asseconda di quelle che sono le sue convenienze.

Non se è stato “parzialmente sincero”, non se è stato disonesto intellettualmente perché – sia chiaro – accetto consigli o insegnamenti solo da chi è migliore di me.

A farmi etichettare malamente (da chi mi dovrebbe solo ringraziare per essere stata più generosa e più onesta?) non ci sto.

E – mi sembra sia giusto e lecito – io abbia il diritto di arrabbiarmi là dove si è offesa la mia intelligenza.

Questa dell’indignazione è la reazione più umana di chiunque scopra un affronto morale.

Ma, considerando come io non intenda campare male (dando liceità di ferirmi a chi è più scorretto di me) ho smesso anche di arrabbiarmi. Ho chiuso in credito, dato che sono in attivo di verità.

Non si può condividere un ragionamento, anche minimo, con qualsiasi persona avvezza ad alzare muraglie: inutile dispendio di buona fede; ormai – le prove di cui dispongo a livello logico – sono schiaccianti.
Per non dire di quelle pratiche, inconfutabili.
Prove che non mi sono procurata da sola, fingendo il nulla, come non avessi visto; invece ho visto, capito e atteso il momento opportuno per non ferire chi ha avuto il mio stesso trattamento, se non peggiore.

Quando si intersecano rapporti con le persone, è doveroso si giudichi quello che accade con le stesse persone. Bisogna trovare una sintesi di idee, il resto è solo mancanza di civiltà. E, a questo punto, rimetto Paola in posizione centrale nella mia vita preziosa, precaria, paradossale. Chi mi sarà vicino – ora – avrà molta più consapevolezza di quanto si possa credere.

 

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