per ritornare

Per ritornare ai tempi del patriottismo

Domenicale Agostino Pietrasanta

https://appuntialessandrini.wordpress.com

Due articolate e avvertite annotazioni critiche poste in calce allo scritto del giorno 8 dicembre, a mia firma e presentato come “Il tempo del patriottismo”, costituiscono un invito allettante e non me lo lascio sfuggire. I due interlocutori, William Pavesi e Nuccio Lodato esprimono valutazioni, tanto condivisibili, almeno nella ispirazione di fondo che temo di essermi procurato involontariamente alcuni fraintendimenti. Certo su alcuni passaggi sostanzialmente residuali potrei rilevare dei distinguo forse inevitabili (nessuno condivide in tutto le idee altrui anche se di amici carissimi da sempre), ma nelle sostanze costitutive non saprei dire meglio di ciò che William e Nuccio affermano in ciò che hanno scritto.

Per spiegarmi vado per punti schematici, limitandomi a tre argomentazioni.

Prima. Sono tra coloro che giudicano la “Costituzione della Repubblica” uno dei documenti più rilevanti della cultura giuridica contemporanea; senza dilungarmi sulle valutazioni che mi è capitato spesso di esprimere sui redattori del documento e sulla loro ragguardevole formazione in ordine alle più riconosciute tradizioni “filosofiche e religiose” di riferimento, sono anch’io, come Pavesi, assolutamente convinto della fondazione di libertà e sviluppo della persona umana, del progetto ambizioso circa l’uguaglianza e la solidarietà che ne costituiscono un’ossatura insostituibile. Ovviamente, dopo parecchi decenni ci sono delle datazioni inevitabili, ma questo non fa problema; ciò che fa problema e che mi provoca cocente delusione è il fatto che troppo poco (non vorrei dire quasi nulla) di tutto l’impianto ha inciso sulla storia del nostro Paese, neppure quando una classe dirigente ben più avvertita di quella di oggi, è riuscita a legittimare una condizione di democrazia sconosciuta dalla stessa vicenda dell’Italia unita, fino al secondo dopo/guerra.

Una delusione senza aggettivi, caro William, ma c’è di più. Troppo spesso si dimentica che la Carta pone anche un problema ulteriore: il pieno sviluppo della persona presuppone anche, sia pure in via strumentale, il riconoscimento del merito. E qui caschiamo un po’ tutti, ma soprattutto è cascata una classe dirigente che tuttavia oggi rimpiangiamo. Non vorrei essere frainteso; parlo del merito di tutti anche di quelli che dovessero avvertire delle difficoltà sia perché privi di mezzi finanziari, sia perché carenti, e senza loro colpa di altre e varie capacità. Così si è dimenticato che l’impegno della Repubblica, Carta costituzionale alla mano, stava nel promuovere il massimo possibile della persona e dei gruppi intermedi, oggi abrogati dalla storia della Repubblica (li vogliamo chiamare “corpi intermedi”?). E così le risorse umane della nazione sono state del tutto rimosse, e così è venuto a mancare, almeno in gran parte, lo strumento più prezioso dello sviluppo anche nei momenti delle cosiddette “vacche magre”.

Seconda osservazione. Ho letto con molto interesse il ragionamento sulla causa del debito pubblico “stratosferico” che ci portiamo sulla groppa; tuttavia quando parlo di consumi al di sopra delle nostre risorse intendo ben altra cosa. Intendo un comportamento tollerato e bene spesso incentivato, al consumismo senza adeguata consapevolezza, legata a carenza culturale, del fatto che non erano le varie ideologie, anche le più discutibili, il nemico più insidioso; così mentre molte élite (ma erano veramente tali?) combattevano in contrapposte fazioni, il consumismo vinceva sui fronti più disparati incentivando un disimpegno di cui oggi portiamo conseguenze difficilmente sanabili. E lasciamo stare qui le responsabilità della stessa Chiesa e dei “principi non negoziabili” di ruiniana memoria: ne ho detto altra volta sempre con personale coinvolgimento e…sofferenza.

E veniamo dove il dente duole maggiormente, anche per il solito amichevole dialogo con Nuccio Lodato: terza argomentazione. Nuccio da par suo traccia un quadro della situazione scolastica, soprattutto nei nostri villaggi di montagna quando finalmente (?) si pensò seriamente alla formazione di base. Ha ragione, la legge istitutiva della “media unica” fu una delle poche cose attuative della Carta (lui dice di”sinistra” e io non avrei proprio da obiettare). Ma io mi chiedo: se la legge è del 1962, perché dieci anni dopo (!) non si era ancora pensato alla carenza dei docenti? Al loro “reclutamento” adeguato alle necessità? E ancora: se i docenti c’erano, per “reclutarli” (la parola non mi piace, ma cerchiamo di capirci), perché non si è provveduto nel corso degli anni senza un procedimento da “sanatoria”?  Indubbiamente tra i docenti che hanno fruito del famoso o famigerato art. 17, c’erano parecchi colleghi molto preparati, ma alcuni tra le maglie sono passati e forse neppure pochi, lasciando negli anni successivi, in un limbo immeritato parecchi “capaci e meritevoli”. Certo, ancora per continuare, negli anni ottanta vinsero il concorso da dirigente (bella fregatura!) una parte di coloro che non furono selezionati sulla soglia, ma erano in gran parte e forse quasi al completo coloro che avrebbero superato anche la selezione concorsuale da docente. E ovviamente penso anche al mio amico Nuccio Lodato.

Forse mi sono lasciato trascinare anche dalle nostre esperienze, per molti aspetti condivise, sia pure nelle inevitabili distinzioni; non potevo però lasciar cadere due valutazioni tanto rispettose, quanto critiche (ce ne fossero!) e articolate. Dialogare con amici è sempre e comunque gradevole