IL PELLEROSSA NEL PRESEPE, di Gianni Rodari
Recensione di Elvio Bombonato
Il pellerossa con le piume in testa
e con l’ascia di guerra in pugno stretta,
come è finito tra le statuine
del presepe, pastori e pecorine,
e l’asinello, e i magi sul cammello,
e le stelle ben disposte,
e la vecchina delle caldarroste?
Non è il tuo posto, via, Toro seduto:
torna presto di dove sei venuto.
Ma l’indiano non sente. O fa l’indiano.
Ce lo lasciamo, dite, fa lo stesso?
O darà noia agli angeli di gesso?
Forse è venuto fin qua,
ha fatto tanto viaggio,
perché ha sentito il messaggio:
pace agli uomini di buona volontà.
GIANNI RODARI “Filastrocche in cielo e in terra”, 1960
Bella l’invenzione. Una statuina, raffigurante un pellerossa, chiede al signore che sta facendo il presepe, di farne parte. Costui la tratta male, la deride e le ordina di andarsene. Poi riflette e si commuove, pensando al lungo viaggio del pellerossa, e lo fa entrare.
Due strofe di versi in prevalenza endecasillabi piani. Rime baciate o alternate. Una tautologia ironica, “l’indiano fa l’indiano”, riprende il precedente Toro seduto; interessante l’elenco nella prima strofa che descrive il presepe.
molto bella questa poesia!