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Nei ricordi concisi della mia memoria

l’infanzia girava in filamenti d’azzurro,

la carta stagnola del presepio tremava

a rappresentare ruscelli e laghetti

anche gli specchi erano adibiti a ciò.

 

Io ero ffascinata

dall’ancestrale paesaggio rurale

che vi era rappresentato con animali di tutti tipi,

dalle grotte, dai dirupi e dalle povere case

nelle quali brillava una flebile luce.

 

I pastori conducevano allo scarno pascolo le greggi

in un colore soave di un cielo di astri affollato.

 

Quella grotta col bambinello

mi affascinava e mi teneva ancorata al suo cospetto.

 

Si aspettava l’epifania

e la stella veniva issata sulla caverna.

 

I re Magi arrivavano sui loro cammelli

colmi di doni ma molto saggi

nel non far sapere ad Erode che il bambino era nato.

Avevano intrapreso un lungo cammino

per venire ad adorare quel dolce bambino.

 

Allora, ricordo che, rimanevo affascinata

anche delle visite

di coloro che dai monti Peloritani scendevano al piano

per suonare musica dolcissima e spirituale

con le loro cornamuse in onore di Gesù Bambino

[era l’usanza di quegli anni]

in un’atmosfera di gioia e di letizia primordiale.

 

@Grazia Denaro@