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«Toglimi una curiosità, Allevi. Tu da quale regione provieni? Sei marchigiano, giusto?» chiese ad alta voce Ernesto per farsi sentire mentre scendevano appesi alla teleferica dietro all’imbrago. «No, so umbro. Di Gubbio, il paese dei Matti, ma mia madre è del Friuli e dopo il divorzio è tornata. Ernesto posso farte una domanda?» lo interrogò circospetto «dimmi» e un brivido di freddo lo scosse. Non riusciva a togliersi dalla mente la faccia di Lucio che sgranava gli occhi prima di morire, solo l’ansia per Bastiaan gli aveva impedito di crollare dopo lo scontro. «hai detto la verità prima? Davvero non hai visto niente?» Ernesto ammutolito non voleva mentirgli ma non voleva trovarsi di nuovo in mezzo a un’altra indagine, visto che la prima era in mano al Gip ed era lontana dal chiudersi.

 

Il giorno dopo sarebbero dovuti tornare su per recuperare il corpo e anche gli altri avrebbero riconosciuto Lucio. Respirò profondamente. «Me l’immaginav!» esclamò Damiano senza neppure aspettare la risposta. Era esaltato come poteva esserlo solo un giovane con la testa piena di polizieschi, annoiato, che prestava servizio in una caserma di paese dove il crimine più efferato in due anni era stato il furto di una scala a pioli dal giardino del “Titon della Gjilde”, per di più ritrovata lo stesso giorno dietro casa del “Bert Alt”. I due vecchi non si sopportavano fin da bambini e litigavano per ogni cosa da settant’anni. «Ti racconto tutto dopo in macchina. Ma non deve saperlo nessuno, chiaro?» voltò appena la testa e Allevi vide il profilo stanco e provato di Alpino. Gli sarebbe piaciuto avere un padre così, era meglio del suo che passava il tempo al bar e alle slot a sputtanare i guadagni del nero. Glielo aveva anche confessato un giorno, quando con Mauro erano andati a Udine per incontrare il giudice.

 

Le luci dell’ambulanza iniziavano già a vedersi dal punto in cui erano. Con la seggiovia era salito a 2066 metri e aveva trovato Bastiaan quattrocento metri più in basso. Altri dieci minuti ancora appeso e poi sarebbe tornato a casa, nel letto, ma era sicuro che non avrebbe chiuso occhio. «Ci vediamo domani pomeriggio, d’accordo?» salutò Bastiaan e lo incoraggiò stringendogli una mano, l’amico fece un cenno con la testa, venne caricato sull’ambulanza e trasportato fino a Udine per accertamenti. Ernesto e l’appuntato salirono in macchina. Erano le dieci di sera e lo stomaco del fruttivendolo brontolava ora che la tensione si era sciolta e la stanchezza era emersa con prepotenza. «Allevi dove abiti? Ti accompagno a casa o hai la macchina in caserma?» domandò avviando il motore del suo pick up «Lasa star Ernesto. Casa mia s’è tropo destante. Poi, chiamame Damiano che me metti a disagio» allungò le gambe e si rilassò sui sedili comodi «Si ma come arrivi a casa?» i vetri gelati del parabrezza si sbrinarono velocemente «Mi farò venire a prendere dai miei amici, diobono» prese il cellulare per cercare il contatto «Oh! C’è tempo Damiano. Adesso mangi da me che ho fame. Poi chiami»

Michela Santini