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Ognuno dei suoi ospiti si era raccolto nella parte esterna del salotto sotto la finestra e da lì osservava il nuovo venuto che con la pistola in una mano e il fucile nell’altra, minacciava uno per uno. Aspettò che gli animi si calmassero e dato che non era soddisfatto, urlò a gran voce «Silenzio!». Ernesto chiuse piano le porte delle camere, si aggiustò i pantaloni e iniziò a camminare lento lungo il corridoio. La voce dell’uomo arrivava attutita dalla distanza ma comprendeva bene ogni parola. «Buonasera, mi dispiace disturbare ma non mi avete dato altra scelta. Se adesso mi consegnate la sacca me ne vado, altrimenti inizio a uccidervi uno a uno, cominciando dalla signora fino a Bastiaan». Ernesto controllò di nuovo di avere gli attrezzi con sé e si appoggiò allo stipite, aprì mentre il suo nuovo amico incontrava il suo rapitore «Ciao Bastiaan, ti sei rimesso in fretta» L’olandese nonostante la paura si sentì più forte perché era già sopravvissuto «la sacca non è qui. Non so cosa cerchi, ma non c’è…» e tenne lo sguardo fisso senza cedere. L’uomo serrò la mascella e le narici gli fremettero, accennò uno scatto infastidito, e puntò l’arma in direzione della sua testa «Tabor! Non puoi farcela, arrenditi, hai già ucciso un uomo non hai scampo» disse Novi seduto sul divanetto, tentando di distrarlo mentre Barale in piedi sotto l’arco, allungava la mano verso la pistola d’ordinanza sotto il giaccone «Io non lo farei Brigadiere!» lo avvisò Tabor rivolgendo il fucile verso di lui. Poi osservò con attenzione il gruppo «manca qualcuno. Non ci siete tutti.» Walter e Oreste si scambiarono uno sguardo complice, Damiano stringeva forte la donna al suo fianco, intanto guardava dal camino ogni movimento. Vide passare il gatto, quindi capì che Alpino era poco distante «Voi siete i soccorritori, poi c’è Bastiaan, i tre carabinieri…— indicò i tre uomini posizionati in tre punti diversi — Tu stavi al bar, tu sei il benzinaio» Ernesto aveva la schiena appoggiata al muro, si assicurò che le mani non sporgessero oltre l’angolo. Mise fuori la testa e incrociò lo sguardo di Novi e Valter che lo spostarono immediatamente. Tolse l’arma dalla tasca e si mosse di quarantacinque gradi per avvicinarlo il più possibile «tu chi sei — domandò rivolgendosi a Mauro — non ti ho mai visto… Ne manca uno… Manca il proprietario di questa casa, Pizzagalli giusto? Voglio sapere dov’è e lo voglio qui subito!». «Eccomi!» disse una voce alle sue spalle ma non riuscì a girarsi perché Alpino lo colpì alla testa con il martello da alpinismo così forte che cadde subito come un sacco di patate.

 

Si sentì un tonfo improvviso, Novi balzò in piedi prendendo in mano il fucile mentre Valter allontanava con il piede la pistola dirigendola verso Barale che l’afferrò per la canna e la scaricò. Ernesto carico di adrenalina girava per la stanza con il cuore a mille pensando al rischio corso. Aveva infilato nei pantoloni sia il coltello che la pistola, ma la scelta era caduta sul martello perché si sentiva più a suo agio nel maneggiarlo. Legarono l’uomo che riprese conoscenza subito dopo. Il tappeto era sporco di sangue che Bastiaan voleva pulire a tutti i costi. «Il sangue non va via» Ernesto sentì la voce femminile ma non riuscì a vederla, poi Damiano si girò e alzò la donna rimasta seduta vicino al camino «Alpino riconosci mia madre? L’ho portata con me perché era sola, ma credo che non ci verrà più» Alessia muoveva la testa per confermare le parole del figlio mentre a Ernesto le gambe tremavano più di prima. Il salotto era nel caos assoluto, i tre carabinieri prendevano nota dei rilievi mentre Tabor sedeva sul divano, ammanettato, intanto che un medico del pronto soccorso gli medicava la ferita; i compagni del soccorso alpino mimavano le scene con atteggiamenti goliardici e gli altri bevevano sorsi generosi di grappa e vino mentre la versavano nei bicchierini da offrire a tutti.

Santini Michela