Torino

Ciau  Turin, Dario Fornaro

https://appuntialessandrini.wordpress.com/

Partiamo da un piccolo fatto in tema di informazione e politica; piccolo, ma discretamente anomalo.

Da diversi mesi ormai il magno quotidiano piemontese – ovviamente La Stampa – si presenta nelle edicole extra-torinesi, ovvero delle province  periferiche,  con il solito spolvero di pagine “locali” (cronaca, sport, turismo etc.) che costituiscono tradizionale punto di forza del giornale, accompagnato, si fa per dire, da una sempre più esigua/saltuaria presenza di spazi, notizie e spunti esplicitamente “torinesi”. Perfino il mitico “Specchio dei tempi” o salta o finisce da piedone in altre pagine d’arte varia.

Al lettore “periferico” che voglia tenersi a giorno delle arie (almeno le principali) che tirano a Torino, pur sempre sua capitale storica, si presenta l’alternativa di ricorrere anche ad uno dei due altri quotidiani nazionali, di Milano e Roma, che  da mesi portano in Piemonte un vivace inserto dedicato…a Torino. (Oh basta là!).

Il fatto singolare rimane probabilmente confinato nell’area movimentata delle politiche editoriali (e concorrenziali) che presidiano, sotto i più diversi cieli, i destini della stampa quotidiana: in tal caso questione limitata e accantonata  in attesa delle prossime mosse.

Ma se “tal caso” non fosse; se si trattasse invece di uno dei tanti, casuali spiragli attraverso i quali si può adocchiare una certa qual “perdita di status” di Torino, intervenuta, sia pure confusamente, negli ultimi 10-15 anni (diciamo dai fasti delle Olimpiadi invernali ad oggi) rispetto alla corona di territori e capoluoghi  della vasta e variegata periferia regionale?

Dopotutto Torino e il torinese hanno bevuto, rispetto ai dirimpettai piemontesi, che pure di loro non hanno scherzato, il calice più amaro della crisi del sistema industriale portante, accompagnato dalla difficoltà di individuare, presso settori più “moderni” e accattivanti (cultura, turismo, eventi, innovazione), risorse adeguatamente sostitutive, in termini socio-economici, per la cittadinanza.

Se oggi Repubblica-Torino (09.20) può uscire con un “fondino”  che annuncia – con qualche enfasi di troppo ammessa dall’autore – “Da capitale dell’auto a capitale dei cassintegrati”, mentre altri ha cominciato da qualche tempo a indicare il Piemonte come il “Mezzogiorno del Nord”, bisognoso di interventi straordinari di tipo “meridionalistico”, sul deficit di ruolo, di peso e di “status” di una Torino, simboleggiata dal coacervo di Comune, Regione, Città metropolitana e Provincia (quel che resta), c’è poco da sofisticare.

Logico che a Torino dilaghino attacchi d’orticaria ogni qualvolta il guru o l’analista di turno ricominci con i paragoni con Milano in termini di qualità progettuale e determinazione attuativa.

Si potrebbe casomai aggiungere di una recente, simmetrica “perdita di status” di qualche città  periferica nei confronti di Torino stessa, ma tutto ridonda comunque nell’affaticato e talora sclerotizzato rapporto, materiale e “morale”, che intercorre tra Capitale e Territorio piemontesi.

La Regione, del resto, ha dato un contributo determinante alla burocratizzazione dei rapporti con la periferia, dismettendo poco a poco l’afflato programmatorio e partecipativo del primo ventennio – anni 70 e 80 – di impianto dell’Ente (clima da “stato nascente”) rinserrandosi nel fortilizio legislativo e amministrativo.

Dal canto suo il Comune  ha perso anche il ricordo dei fervori che accompagnarono il varo del nuovo PRG , pilotato dagli Arch. Gregotti e Cagnardi  nel 1995.

Insomma, saltate o appannatesi, causa crisi, le gerarchie urbane, tutti a chiedersi, grandi e piccoli: chi siamo e dove andiamo.