Nino_Oxilia

Nino Oxilia, Canti brevi, 1909 – recensione di Elvio Bombonato

Il cuore è pieno di farfalle d’oro 

che volano e scintillano.

Cento campanellini squillano

dentro di me con lieve

ritmo argentino.
I pensieri compaiono, scompaiono,
giocano a rimpiattino,
fanno a palle di neve…
E il verso brontola.
Sono stanco delle parole
consuete.
Ho sete
di cantarti, o cuore,
liberamente,
saltando ridendo piangendo d’amore.

NINO OXILIA, Canti brevi, 1909.
Poeta annesso ai crepuscolari del gruppo torinese. Nino Oxilia, cognome ligure (Torino 1889 – Monte Grappa 1917), morto a 28 anni in trincea, fu tra quelli che, come Renato Serra, la guerra la fecero per davvero. Il suo libro di poesie – fu pure un importante drammaturgo – ha un titolo vagamente leopardiano o pascoliano. Si ispirava a Baudelaire, nume tutelare dei poeti simbolisti, ma senza il di lui simbolismo, talvolta ostentato e insincero.
Questa lirica è strutturata in strofa unica di 15 versi, di lunghezza variabile, dalle 3 sillabe di “ho sete” alle 14 del doppio settenario finale. Efficace il climax discendente del verso finale, e quello dei vv. 6/7, con l’ossimoro del verbo. Notevole la metafora forte dell’incipit; raffinata l’immagine di gusto liberty dei pensieri che “giocano a rimpiattino, fanno a palle di neve”. Ironico “e il verso brontola”. La velata stanchezza manifestata da Oxilia è un connotato dei poeti crepuscolari (es. Corazzini).