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[ Francesca Woodman Photography ]

L’assenza di empatia sembra essere il tratto distintivo per alcuni disturbi della personalità, quali il disturbo narcisistico o il disturbo borderline. Diversi studi, infatti, dimostrano scarsa attività cerebrale nelle aree collegate all’empatia proprio nei pazienti affetti da tali patologie.
L’intelligenza emotiva apre un varco spazio temporale in questo abisso che è l’altro, ci aiuta a scoprirne gli aspetti meno noti.
Una fortuna immensa che deteniamo è proprio la connessione stretta con l”altro, attraverso la quale riusciamo a non isolarci, anche quando ci sembra impossibile.
Resterebbe completamente inutile ogni isolamento, siamo esposti sin dalla nascita al resto del mondo, dobbiamo scegliere gli strumenti più adeguati – fra tutti quelli che ci vengono forniti – per creare i legami migliori.
Ci è necessario dialogare, condividere, costruire delle reciprocità.
Solo, in questo nostro momento storico, siamo in netta difficoltà: la società ci spinge all’egoismo, ci porta a competere, a primeggiare, alla fretta.
Dovremmo esercitarci a rallentare tutto: dobbiamo poterci fermare, prendere tempo, metabolizzare i concetti, astrarne idee, rielaborare i pensieri.
Dovremmo proprio poterci fermare e capire che possiamo vincere solo quando non tradiamo il nostro sentimento per l’altro, anche se questo ci induce a piccoli cambiamenti. Dobbiamo adeguarci. Dobbiamo smetterla con l’elogio dei tempi flash.
Per non avere disturbi, perché non è scritto su dei manualetti di self help ma sui nostri neuroni.
Non è più solo una questione di evoluzione personale, ma è un processo chiave del nostro stesso cervello.
Stasera ho letto questa interessantissima sintesi e mi sono detta che, solitamente, a correre di più coi tempi serrati è proprio chi sostiene di essere molto empatico: una sorta di autoreferenza, come una giustificazione a quel grado di reale comunione che manca.
Ho notato che, fra coloro che conosco, i meno empatici sono stati proprio quelli che si auto celebravano tali.
La personalità empatica è letteralmente calata all’interno dell’altrui sentimento, si compenetra, non si perde in parole vane, non deve vendere una buona immagine di sé. Anzi, l’individuo empatico non si cura di apparire, né rassicura l’altro con una comunicazione fasulla.

Forse, con l’avvento delle neuroscienze, per i nostri figli c’è ancora una speranza. 
Dovremmo parlarne con loro. 

@lementelettriche – di Paola Cingolani