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Coronavirus, ecco i farmaci che si stanno sperimentando. E alcuni costano anche poco. Come funzionano? Risponde l’infettivologo Garavelli

Author: Enrico Sozzetti

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Effetto Coronavirus: il rischio di tracollo dell’economia non ferma la comunicazione istituzionale che continua riversare sugli italiani i numeri quotidiani di contagiati, deceduti e guariti, in modo non sempre chiaro. Si somma poi agli effetti devastanti che si stanno registrando, anche un altro fattore: la presunta mancanza di farmaci in grado di contrastare il Coronavirus, dichiarata da alcuni medici che spesso si trovano ai vertici della ribalta mediatica. Certo, il messaggio che arriva è pesante: farmaci che non esistono, zone rosse, territori blindati dalle forze dell’ordine, ospedali che rischiano il collasso, imprese che non lavorano più, la crisi nera del Made in Italy, le frontiere (di altri paesi) sempre più chiuse agli italiani, i mercati finanziari in affanno. Ma è davvero tutto così?

La gravità dell’epidemia non si discute e non deve essere sottovalutata, però esistono cure. E gli ospedali sede di strutture di infettivologia sono pronti a operare con protocolli non ancora validati, oppure in corso di validazione, che utilizzano farmaci già a disposizione e che vengono somministrati in associazione progressiva fra loro in base alla gravità del paziente. In altre parole, esiste la possibilità di trattare sia i casi lievi, sia quelli moderati con farmaci che peraltro in alcuni casi costano anche poco a fronte della efficacia.

Se è vero che per ora non c’è una molecola registrata per il trattamento delle infezioni da Covid19, come si chiama il Coronavirus, è però vero che esistono sperimentazioni in corso relative all’utilizzo di farmaci antivirali usati in passato per combattere la Sars e la Mers. Attualmente sono a disposizione la Clorochina o la Idrossiclorochina, il Lopinavir usato in combinazione con il Ritonavir e infine il Remdesivir, nuovo farmaco antivirale nella classe degli analoghi nucleotidici (è stato sviluppato da Gilead Sciences, azienda quotata a Wall Street, come trattamento per la malattia da virus Ebola e di Marburg). Questo antivirale è in ogni caso riservato ai malati più gravi, quelli cioè per intendersi ricoverati in rianimazione.

«Essendo ad esempio la Clorochina o Idrossiclorochina un farmaco maneggevole e di basso costo – spiega Pietro Luigi Garavelli, alessandrino, infettivologo, responsabile del Reparto di Malattie Infettive dell’ospedale “Maggiore” di Novara – potrebbe essere idea buona somministrarli in pazienti con evidenti sintomi alle alte vie respiratorie per stroncare sul nascere l’infezione di Coronavirus prima che possa evolvere causando danni peggiori a livello delle basse vie cioè il polmone. Alla luce dei casi asintomatici e di chi deve fare il tampone e chi no (ormai viene eseguito solo su pazienti sintomatici), perché non allargare lo spettro del trattamento a pazienti con patologie moderate? La somministrazione in questo momento può avvenire off – label (utilizzo di farmaci in situazioni che non sono previste dalla scheda tecnica del prodotto, ndr). In pratica, sarebbe possibile, a prezzi decisamente contenuti, dare la possibilità di curare tutti e creare una sorta di barriera farmacologica che può ricordare quella di tipo vaccinale. Ricordo che per il vaccino saranno necessari ancora molti mesi».

La realtà appare quindi un po’ diversa da quella raccontata quotidianamente. Perché? Questo è un altro interrogativo che si aggiunge alle molte domande inevase rispetto alla gestione di questa epidemia. Senza dimenticare che la sanità oggi è messa alle corde, ancora prima che da una epidemia che ha numeri importanti, da quei tagli subìti negli anni da parte di una politica (nazionale e regionale) che non ha saputo fare alcuna programmazione (ad Alessandria, per esempio, qualche anno fa durante la direzione di Giovanna Baraldi, sono stati cancellati sei posti letto di terapia intensiva respiratoria nel reparto di Malattie dell’apparato respiratorio), salvo poi ora correre ai ripari con l’annuncio dello strabiliante raddoppio di terapie intensive, oppure prefigurando il richiamo in servizio di medici in pensione. Ma come faranno a uscire di casa se hanno più di 65 anni?