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Reti televisive unificate ed ennesimo discorso alla Nazione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, è la sera del 09 marzo 2020, l’Italia entra ufficialmente in guerra contro il nemico invisibile chiamato COVID19 o Coronavirus.

Intanto ci sono già 463 morti e 7.985 feriti (positivi), in un mese, per non parlare dell’esercito stremato di medici e paramedici in trincea, a combattere senza arma alcuna che neanche l’armata Brancaleone (non ci sono terapie intensive sufficienti già per le richieste comuni).

Un po’ come rispondere al fuoco di un bazooka con una pistola ad acqua, per capirci.

Come in ogni epidemia sconosciuta che si rispetti, non c’è un vaccino ma c’è il contagio.

Però l’italiano medio si sente un eroe, pensa d’essere il Rambo de nuantri, ha – dunque – la percezione che, come in un videogame, se si sposta evita di venir colpito dal problema. Non solo.

L’italiano medio – che è un tuttologo specializzato nel nulla di fatto – si preoccupa della derrata alimentare: teme più di morire per fame che a causa del contagio.

Così, partito alla volta della località montana o marinara, dopo aver raggiunto la propria seconda casa, se ne va a zonzo perché – se la parola d’ordine è evitare la folla – lui si ammala di solitudine giusto al pensiero e, in qualsiasi caso, deve mangiare come non ci fosse più un domani.

Stessa fame atavica assale chi resta a casa: se l’ordine perentorio e tassativo è quello di non uscire, improvvisamente un buco nero gli si impadronisce dello stomaco e gli blocca il cervello. 

Ecco l’italiota che prende d’assalto i supermercati nella notte.

Non può andare al bar, non c’è cinema, no alla movida? L’italiota va comunque nei centri commerciali, anche se – solitamente – sarebbe stato a nanna.

Il Governo dice di non uscire? Intima l’operazione #IORESTOACASA?
L’italiota esce, subito, la sera stessa, affolla i market che sembra di stare a Londra, dove, di notte, chiusi i pub, chiunque si infila a comprare qualsiasi cosa considerata commestibile. 

Da qualche giorno penso a un libro di Haruki Murakami (illustrato da Igort, un famoso disegnatore italiano) che ho letto in una sola giornata, appena uscito, nel 2016.

Il libro s’intitola “Gli assalti alle panetterie” ed è distribuito da Einaudi, l’editore italiano di Murakami. Mentre lo leggevo, avevo come la sensazione di vivere un paradosso kafkiano.

“I due racconti che compongono “Gli assalti alle panetterie” sono fra loro collegati. Oltre ad avere lo stesso soggetto, che tratta la fame cosmica dell’uomo e la sua predisposizione a fare qualunque cosa pur di saziarla – in questo caso rapinare una panetteria – essi hanno anche il medesimo protagonista.
Niente di nuovo sotto il sole, quindi, se non fosse per quello stile diretto ed inconfondibile tipico del maestro nipponico, che ci porta direttamente sulla scena, come stessimo vivendo le avventure di personaggi in apparenza sempre un po’ sottotono – “incolore” verrebbe da dire, per citare un suo celebre romanzo – ma tremendamente riflessivi, osservatori ed intimisti nei loro ragionamenti.”

Beh, credo che egli sia stato un visionario: nessuno – ad oggi – lo ha citato ma la situazione dei due protagonisti, una coppia, è quella che viviamo. 
Li unisce qualcosa, entrambi hanno un buco talmente grande che devono colmare non solo cibandosi. Non basterebbe.
Devono assaltare le panetterie, rubare il cibo dal locale e poi, appartandosi, mangiarne. Un gesto rivoluzionario che serve a placare il senso di vuoto il quale li sta fagocitando. 

Ci penso da almeno due settimane. Ho letto un autore – il mio preferito – che, con quel libro, m’era sembrato più metaforico che mai.

Raccontava di un vuoto esistenziale attraverso il paradosso. Sembrava tutto così surreale, fantasioso, assurdo, indicativo della voragine che possiamo portare dentro di noi come esseri umani incompiuti. 
Certo non avrei mai creduto che mi sarei trovata a vedere in replica la stessa cosa su scala nazionale, con tanto di pandemia in aggiunta. 

Il quotidiano ha preso la dimensione apocalittica e io mi sento totalmente disarmata.

 

@lementelettriche – Paola Cingolani