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Cosa rivela il confronto delle curve del contagio in Italia e Germania

L’analisi dice che è possibile un lavoro molto più efficace per identificare i contagiati. Servono soluzioni e forze nuove per aumentare i test con i tamponi. A Wuhan 10mila persone lavoravano a individuare la loro rete di contatti. In Italia dobbiamo provare a fare di meglio

ANSA/PARISI
Covid-19 Italia/Germania

In questi giorni si sono sparsi fiumi di inchiostro sui confronti tra i vari paesi. Sfortunatamente molti di questi confronti sono stati superficiali, senza guardare i dati da vicino. È possibile fare un confronto accurato tra Italia e Germania in quanto l’Istituto Superiore di Sanità e l’omologa struttura tedesca hanno messo a disposizione del pubblico dati estremamente importanti che non ho mai visto analizzare.

Tutti guardano e spesso commentano l’aumento giornaliero del numero di casi positivi, ma non guardano a un’altra informazione estremamente interessante, la data in cui hanno registrato i primi sintomi i pazienti che sono stati trovati infetti fino ad adesso. Questa è una informazione cruciale che Iss giustamente diffonde. Infatti, per capire lo sviluppo dell’epidemia bisogna sapere se le persone che sono risultate positive hanno avuto i primi sintomi dieci giorni fa o alternativamente sono persone che si sono appena ammalate.

PARISI

 

Incominciamo a guardare la Germania. Facciamo un grafico in cui presentiamo i dati tedeschi al variare del giorno, le date scorrono a partire dal 1 febbraio: il 1 marzo è indicato come il 30 e l’11 marzo è indicato come 41.

Come è fatto questo grafico? Si prendono le persone a cui è stato fatto un test (un tampone) e sono risultate positive al virus alla data del 14 marzo. A ciascuna persona gli si chiede, “Ma quanto hai avuto i primi sintomi?”. In questo modo si ricostruisce la data in cui le persone sono diventate sintomatiche, che molto spesso è precedente alla data in cui gli è stato fatto il test. Ci sono limitazioni intrinseche a questo metodo: i test non sono fatti a tutte le persone che sono diventate sintomatiche e in un grafico fatto il 14 marzo non si possono inserire le persone a cui verrà fatto il test nei giorni successivi. Un grafico di questo genere è molto informativo specialmente se teniamo ben conto delle limitazioni.

Nel primo grafico in viola vediamo il numero di persone che in Germania che hanno avuto i primi sintomi in quella data. Si parte dal 15 febbraio, in quanto si considera solo la nuova ondata. Il primo caso sintomatico è il 15 febbraio e poi i numeri salgono velocemente, una trentina di casi sintomatici verso fine febbraio. Si vede un massimo verso 8 marzo e poi il numero incomincia a scendere velocemente fino ad annullarsi il 14 marzo.

Nel grafico inoltre si vede una bella retta verdolina che rappresenta una crescita esponenziale, tipica delle epidemie nella fase iniziale non controllata. La crescita esponenziale è in perfetto accordo con i dati per tutto il periodo iniziale, ma bruscamente dal 28 febbraio il numero di persone che accusa i primi sintomi in quella data (e che successivamente viene riconosciuta come positiva) aumenta di poco e rimane quasi costante per una decina di giorni. L’arresto di questa crescita non è il segno che l’epidemia si è rallentata: ma che semplicemente mancano i dati sulle le persone che sono diventate sintomatiche nei giorni scorsi e cui verrà fatto il tampone nei prossimi giorni.

La data iniziale è il 15 febbraio, antecedente di una settimana alla data del 22 febbraio, giorno in cui si è avuta la notizia del primo caso tedesco: il grafico permette quindi di monitorare a posteriori lo sviluppo dell’epidemia più indietro nel tempo del numero di casi positivi, ma è poco informativo rispetto a quello che è successo negli ultimi giorni.

Si vede chiaramente che in un primo periodo c’è una crescita esponenziale con una pendenza tipica di questa epidemia: un tempo di raddoppio di poco meno di tre giorni. Questa crescita tende ad arrestarsi solamente qualche giorno fa, per l’ovvia difficoltà a rintracciare i casi con i sintomi più recenti.

PARISI
Confronto Italia/Germania

Rifacciamo ora lo stesso grafico inserendo i casi italiani e per fare approssimativamente combaciare le due curve a febbraio abbiamo moltiplicato i casi tedeschi per 30. Questo grafico, come il precedente, riporta il numero persone (ritracciate entro il 14 marzo) che sono diventate sintomatiche in una certa data. I dati italiani sono in verde e i dati tedeschi sempre in viola (ma moltiplicati per 30). Anche l’esponenziale è stato moltiplicato per 30 in maniera da approssimare i dati italiani. Questo paragone di febbraio mostra che in quel periodo i casi e tedeschi erano circa 30 volte meno di quelli italiani, fatto perfettamente consistente con un ritardo di circa 14 giorni rispetto all’Italia.

Prima del 13 febbraio il numero di persone che diventavano sintomatiche in Italia ogni giorno era inferiore alla decina e i dati non sono inseriti in quanto non molto significativi. Il 21 febbraio è la data in cui sono stati trovati i primi 16 casi lombardi. In questa data il grafico ci informa che le persone che erano diventate sintomatiche al coronavirus il 21 febbraio erano ben 200, ma non all’epoca non sapevano di esserlo: sono entrate nelle statistiche molto dopo.

Nel grafico si vede una bella retta celestina che rappresenta una crescita esponenziale, tipica delle epidemie nella fase iniziale non controllata. La crescita esponenziale è in perfetto accordo con i dati italiani e tedeschi per tutto il periodo iniziale. Bruscamente dal 28 febbraio in Italia il numero di persone che accusa i sintomi in quella data (e che successivamente viene riconosciuta come positiva) aumenta di poco e rimane quasi costante per una decina di giorni.
Un osservatore superficiale potrebbe dedurne che il 28 i nuovi casi sintomatici hanno sostanzialmente rallentato. Sfortunatamente potrebbe non essere la deduzione giusta: il tempo medio di contagio è di cinque giorni. Per rallentare il numero di positivi il 28 febbraio, il numero di contagiati dovrebbe essersi rallentato il 23 febbraio subito dopo l’istituzione delle zone rosse e continuato a crescere più lentamente nei giorni successivi. Certo la paura fa 90 e il solo lavarsi le mani ha un effetto notevole. Sarebbe troppo bello per essere vero. Bisogna rifletterci sopra per capire se quest’arresto sia veramente avvenuto. Avere i dati che ho mostrato separati per regione, o meglio per provincia, sarebbe fondamentale per capire cosa veramente sia successo.

Tuttavia c’è una spiegazione alternativa che bisogna tener presente. Ai primi di marzo le strutture sanitarie italiane sono state sopraffatte dal gran numero di casi ed è stato fatto il test (tampone) solo alle persone per le quali era più probabile che il risultato fosse positivo. La conseguenza è stata che persone con sintomi scarsi non venivano testate in assoluto o venivano testate molto tempo dopo i primi sintomi.

Possiamo confrontare i nostri dati con quelli tedeschi: dato che in quel il numero di casi era una trentina di volte inferiore all’Italia, era per loro più facile rintracciare una proporzione molto maggiore di casi e quindi non dovrebbero esserci stato un effetto importante dovuto al rallentamento del rapporto tra tamponi effettuati e casi noti.

Se la crescita vera dell’epidemia fosse stata uguale a marzo nei due paesi, quest’analisi implicherebbe che il numero di casi in Italia sarebbe stato più grande di un fattore circa quattro se si fosse seguita la stessa politica dei test tedeschi, cosa che in Italia sarebbe stata impossibile dato il numero estremamente più alto dei casi nel nostro paese. Dato che presumibilmente in numero di nuovi casi infetti (per effetto di tutte le misure prese) è rallentato negli ultimi giorni, una stima spannometrica ci direbbe che per fare il confronto con la Germania dovremmo aumentare i casi di circa due-tre volte.

È una buona notizia in quanto implicherebbe che Italia la mortalità è due-tre volte più bassa di quella stimata e renderebbe meno drammatica la differenza di mortalità osservata con la Germania. Inoltre, ci direbbe che è possibile fare un lavoro molto più efficace per identificare le persone ammalate, sia per curarle meglio, ma soprattutto per mettere in quarantena i loro contatti che possono essere stati infettati.

Aumentare il numero di test con i tamponi può non essere facile, ma bisogna cercare di trovare nuove soluzioni e nuove forze, per esempio coinvolgendo gli studenti universitari per fare interviste telefoniche a tutti i possibili contatti. Solo a Wuhan c’erano diecimila persone che facevano questo lavoro. In Italia forse possiamo fare di meglio, ma dobbiamo provarci lasciando spazio alla fantasia.