Leopardi,_Giacomo_(1798-1837)_-_ritr._A_Ferrazzi,_Recanati,_casa_Leopardi

GIACOMO LEOPARDI, Le ricordanze, 1829, recensione di Elvio Bombonato

Né mi diceva il cor che l’età verde

Sarei dannato a consumare in questo

Natio borgo selvaggio, intra una gente

Zotica, vil; cui nomi strani, e spesso

Argomento di riso e di trastullo,

Son dottrina e saper; che m’odia e fugge,

Per invidia non già, ché non mi tiene

Maggior di sé, ma perché tale estima

Ch’io mi tenga in cor mio, sebben di fuori

A persona giammai non ne fo segno.

Qui passo gli anni, abbandonato, occulto,

Senz’amor, senza vita; ed aspro a forza

Tra lo stuol dei malevoli divengo:

Qui di pietà mi spoglio e di virtudi,

E sprezzator degli uomini mi rendo,

Per la greggia ch’ho appresso: e intanto vola

Il caro tempo giovanil; più caro

Che la fama e l’allor, più che la pura

Luce del giorno, e lo spirar: ti perdo

Senza un diletto, inutilmente, in questo

Soggiorno disumano, intra gli affanni,

O dell’arida vita unico fiore.

GIACOMO LEOPARDI, Le ricordanze, 1829, 2° strofa

Leopardi ebbe un rapporto di amore/odio verso Recanati. Quello gioioso della “Quiete” e del “Sabato” è smentito dalla strofa del “natio borgo selvaggio”, de “Le ricordanze, scritta sempre nell’agosto/settembre del 1829.

L’età verde – la giovinezza – apre e ‘il caro tempo giovanil’ chiude la strofa.

22 versi endecasillabi piani, sciolti (non rimati). Dominano le parole di segno negativo: né, dannato, consumare, selvaggio, zotica, vile, odia, fugge, abbandonato, occulto, senza, aspro, malevoli, mi spoglio, sprezzatore, inutilmente, disumano, affanni. L’invettiva allude a una vera e propria guerra silenziosa tra Leopardi e i suoi concittadini (Gavazzeni)

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