Racconto: Il potere della musica, di Stefania Pellegrini

Era situato nella piazza di un piccolo paese, un vecchio orologio elettrico, sull’alto della torre del palazzo comunale, risalente, si dice, al 1886. All’epoca era motivo di orgoglio per gli abitanti del posto che calcolavano il tempo come fosse moneta.
Si raccontava che l’orologio un bel giorno avesse iniziato a suonare all’impazzata per 3 minuti poi, retrocesso di altrettanti minuti, si fosse fermato. I paesani avevano interpellato i più esperti orologiai, ma nessuno era riuscito a smuovere l’ingranaggio grippato.
Da prima era mancata la sua voce amica, il suono argentino poi, tutti si erano rassegnati a vederlo sempre fermo sulla stessa ora: le sedici in punto.
Così dimenticato dal tempo, spogliato della sua vita animata, l’orologio se ne stava lì, annoiato e inutile.
Non poteva più segnare la vita paesana, né essere utile alle povere famiglie, agli operai che alla mattina presto si recavano al lavoro.
I vecchi non avrebbero mai rinunciato alla sua presenza, là in alto da generazioni, ma qualcuno parlava, da un po’ di tempo, di sostituirlo con la meridiana di un vecchio muro che stava cadendo a pezzi. I più giovani, soprattutto, non vedevano la necessità di mantenerlo sulla torre.
D’altra parte con i tempi moderni… altri mezzi erano nati per consultare le ore del giorno.
Da una parte la terra, dall’altra il cielo, tutto si confondeva in uno spazio senza tempo. Quel tempo, troppo lento per colui che aspetta, troppo veloce per chi lo teme, e per l’orologio solo assenza, inutilità. 

Oziava nel suo unico svago: con le rondini che vi incrociavano i voli, i colombi che stazionavano tra uno svolazzo e l’altro; limitandosi a seguire dalla sua postazione previlegiata ciò che accadeva sulla piazza sottostante, a spiare, dentro le finestre, la vita che scorreva attorno e a sonnecchiare di tanto in tanto.
Spesso erano le stesse persone, gli stessi alberi, a volte anche gli stessi uccelli, non accadeva mai niente che potesse risvegliarlo dalla noia che rasentava il tedio, ma in cuor suo continuava a illudersi di ritrovare quel tempo che gli aveva fatto scoprire il valore delle ore.

Poi un giorno di primavera, qualcosa pare rompere quel grigiore. Vicino ad una casetta gialla, situata aldilà della piazza, si ferma un camion dei traslochi e due uomini prendono a scaricare: mobili, scatoloni vari… un pianoforte.
L’orologio si rianima.

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Stefania Pellegrini ©