Racconti: In scarpe come di un mendicante, di Giuseppe Scolese
In scarpe come di un mendicante
Dove sei o luna inferma? Piove grigio il silenzio; un vuoto tra i solchi del cielo. A che serve questo autunno senza foglie morte,
dove ho camminato in sere opache, in scarpe come di un mendicante. E i tetti pieni di uccelli neri, pesanti, infetti; sopra i fili del telefono, sotto le rosse cabine del telefono; dentro i gettoni del telefono.
C’è una collina la sopra; dove c’è sempre vento; gli occhi lassù
piangono anche senza lacrime.
Il panettiere regala il pane; alle cinque della sera; c’è una campana suonata dal vento; ma solo alle cinque della sera.
La finestra se ne sta chiusa; il camino partecipa alla funzione,
le oche sono in fila fuori dalla porta della chiesa; a tre per tre
raccontano e si punzecchiano; poi quando apre la porta
ostenta o un sorriso.
Volevo consumare tutte le scarpe nel cammino; camminare
sui crateri della luna; ma non mi vuole, così lentamente
scendo sotto le acque pigre delle rogge; apro la porta
e lascio andare.
Si fatelo anche voi; lasciate andare il mostro che è in voi;
che la neve se scende; se lo porti a pescare gamberi e lanterne.
Il cammino è dietro l’insegna del tramonto; l’oste è uscito
alla spicciolata; senza mettere scarpe; gli bruceranno i piedi fra i ciottoli
il fiume è grezzo e insicuro, la notte non gira ancora. Solo sprazzi di malattie amorali.
Non mangiate i pesci; fanno male; tutto fa male; non avete
visto stasera; la luna e malata.
Tutti i camminatori se ne vanno; finita la siesta del dopo pranzo;
salgono su una barchetta che ha un vago sapore di terra nera,
che se respiri, senza far rumore, il biglietto te lo pagano loro.
giuseppe scolese
Dalla pagina Facebook racconti brevi – collana: Le cose che pensano