Ho il piacere di presentarvi oggi un autore edito dalla casa editrice Antipodes, di cui ho letto e apprezzato: “Il chirurgo che amava le orecchiette”: Mario Grasso.

Buongiorno Mario, benvenuto! Presentati ai nostri lettori. Chi sei? Sono un giornalista pubblicista con una laurea in Sociologia, un passato da manager aziendale e saggista, un presente da narratore, un futuro tutto da decidere.

Quando ti sei approcciato alla scrittura e perché? Quando Lidia Salvemini, la mia insegnante di Lettere alla scuola di Avviamento professionale che frequentavo a Bari, mi chiese di occuparmi, con lei, de “La campanella”, il giornalino della nostra classe, la
3E, l’unico dell’istituto. Un’esperienza faticosa e gratificante che mi aiutò a crescere e che, a 13 anni, mi fece sentire “qualcuno”. È stato allora che mi sono innamorato della scrittura.

Come è nata l’idea per il tuo libro “Il chirurgo che amava le orecchiette”? Dalla lettura di un articolo di giornale che parlava della morte di un ragazzo a seguito di un incidente stradale. La cronaca mi costrinse a calarmi nel dolore dei genitori che, su due piedi, decisi di far diventare il “personaggio” principale di un romanzo.

Qual è il messaggio che desideri venga colto? La speranza è un comune denominatore dei miei romanzi e lo sarà anche dei prossimi, credo. In questo lavoro, il compito di trasmettere un messaggio di speranza sul progresso della medicina lo svolge la mamma
della vittima, ricercatrice universitaria. Sì, la speranza deve guidare la nostra visione del mondo e la nostra vita. Lo suggerisce anche Nietzsche: per essere felici bisogna avere qualcosa da fare, qualcosa in cui sperare e qualcuno da amare.

È stato difficile per te affrontare certi argomenti che ancora trovano ostacoli soprattutto nel campo etico-religioso? La trama del romanzo si sviluppa intorno a temi così delicati da rendere indispensabile la necessità di una fase di documentazione prima di scrivere. Cosa che ho fatto. I probabili ostacoli etico-religiosi non mi hanno
spaventato, forte della convinzione che se eliminassimo dal Vangelo le immagini forti che contiene – stupri, incesti, violenze, uccisioni… rimarrebbe ben poca cosa.

Il chirurgo Altamura lascia gli Usa per svolgere la professione nella sua Puglia. Pensi sia una possibilità attuabile? Nutri speranze per il futuro del nostro Paese e un reale ritorno dei cervelli in fuga? Il ritorno di Altamura in Puglia conferma che è sempre difficile tagliare del tutto le radici che ci legano alla terra d’origine. Sono certo che questo legame sia avvertito da chiunque lasci l’Italia per cercare altrove il
proprio futuro. Torneranno i cervelli in fuga? Se ci saranno le condizioni, penso proprio di sì. Fatte le doverose eccezioni, i comportamenti tenuti nel corso dell’emergenza Covid dicono che il popolo italiano sta crescendo, e questo è il dato più importante per un processo di cambiamento. Sì, dobbiamo avere fiducia.

Angelo aveva genitori ineccepibili e un amore sincero e ricambiato, Beatrice (l’amore “angelicato” di memoria dantesca, un caso?), eppure c’rano oscure nuvole nel suo cielo. Hai voluto denunciare una realtà scomoda fra i giovani?
Quella dell’adolescenza è la stagione della vita più ricca di cambiamenti e complessità, non solo per chi la vive ma anche per gli adulti coinvolti: cambiano le richieste e i bisogni dei ragazzi, e gli adulti sono chiamati ad adattare lo stile educativo alla nuova situazione, senza spaventarsi per l’affacciarsi del conflitto nella relazione giovani-adulti.

Quale riscontro di pubblico hai avuto fino ad ora con questo libro? Riscontri molto positivi fra le persone che lo hanno letto. È stata anche ventilata l’ipotesi di trarne una
sceneggiatura cinematografica, ipotesi accantonata per problematiche finanziarie.

Nel libro ci sono citazioni importanti, alla filosofia e ai classici della letteratura, ma se tu fossi un filosofo famoso quale saresti? E quale libro classico avresti voluto scrivere tu? Sono troppo impegnato a capire chi sono io per avere tempo e voglia di essere un filosofo famoso. Del resto, non sono solo me stesso, sono anche i protagonisti dei miei romanzi, e confesso che a volte è faticoso. Avrei voluto scrivere tutti i libri che in ma hanno lasciato qualche segno. Mi catturano i generi che confermano la mia adesione ai valori positivi, che stimolano la mia fantasia, che mi incuriosiscono, che si
fanno complici della mia voglia di dare e ricevere amore.

Come ti sei trovato con la casa editrice Antipodes e la suggeriresti a chi volesse pubblicare il proprio manoscritto? La narrativa mi ha portato a contatto con un’editoria nuova e sconsolante, della quale non immaginavo neppure l’esistenza, fatta di stampatori di bocca buona disponibili a pubblicare banalità ricche di disinvolte
licenze grammaticali e povere di contenuti, purché a pagamento. Credo che questi “operatori” siano delle tossine che l’organismo culturale dovrebbe espellere per evitare pericolose intossicazioni. Fra le piccole case editrici Antipodes è certamente una realtà che merita rispetto e attenzione. La suggerirei senza problemi a chi volesse pubblicare ricordandogli, tuttavia, che è la casa editrice a scegliere opere e autori e non il contrario.

Quali sono i tuoi prossimi progetti? Ho diversi progetti nel cassetto, alcuni ambientati nella mia terra, la Puglia, altri che mi riporteranno in Africa e in Medio Oriente, sfondi di romanzi già pubblicati. Scrivere della mia terra, che amo molto, è un modo per ricordare a me stesso che il mio allontanamento è stato solo fisico e non affettivo.

Grazie Mario per il tempo che ci hai dedicato e in bocca al lupo per i tuoi prossimi progetti! Grazie a te per l’ospitalità e a tutti coloro che dedicheranno un po’ del loro tempo a leggere questa intervista e, spero, anche il mio romanzo.

Anna Pasquini – Alessandria Today