Ad un cieco, di Massimo Galli
Ad un cieco
Vorrei dirti di un pesco in fiore
di un cielo stellato, vorrei dirti
di un tramonto, di una farfalla,
di un bosco d’autunno, di un
giardino fiorito, vorrei poterti
dire dell’arcobaleno, del sole
e delle sue trame tra le foglie
smosse dal vento, vorrei dirti
di un campo di grano e degli
sparsi papaveri che lo dipingono
vorrei dirti del mare che frange
sugli scogli, di una cascata d’acqua
che irrompe spumeggiante a valle,
vorrei dirti di foreste amazzoniche
e degli animali che le abitano,
di un pavone e della sua coda,
di un uccello del paradiso, di un
vulcano in eruzione.
Vorrei dirti di una tela dipinta da
Van Gogh, di una scultura del
Donatello, della volta di una
cattedrale dipinta da Michelangelo,
vorrei dirti delle piramidi, degli
antichi templi, dei resti di antiche
civiltà, vorrei dirti del volo delle gru,
della luna che si specchia sul mare,
vorrei dirti di un’aurora boreale,
vorrei farti vedere, con parole,
queste meraviglie che i tuoi occhi
non possono vedere,
se solo tu potessi, con parole,
dirmi ciò che la mia mente
cieca non sa vedere.
m. galli
Ad un vedente. Vorrei dirti che la mente crea immagini che gli occhi non sanno immaginare. Vorrei dirti che le vie sono diverse ma portano alla stessa meta, che delle molte immagini la semplice descrizione non è sufficiente ma basta molto meno: la sintonia, la passione del far capire quello che si prova. Vorrei dirti che la felicità, la serenità, non quelle transitorie, ma quelle che perdurano e caratterizzano, non deriva dalla visione di una cascata, di un fiore o dalla percezione di un colore. Tutto è dentro di noi e percepiamo il fuori da come siamo dentro.