Crocifissione bianca

GENTE UGUALE ALL’ALTRA GENTE, di Leonardo Migliore

Stanco ti ergi dalla natia culla 

e, impalpabile,

con un sorriso aggricciato che rivela dentini di donnola,

sopporti i frondosi alberi che scarnificano le latebre dell’anima.

Vuoto, 

nullità, 

cecità, 

agonia arrecata dalla noia.

I volti non gioiscono, 

gli sguardi sono fissi e severi, 

i condomìni vermicai di corpi.

Il sole continua a spuntare in svilita copia cianografica, 

le notti della luce si susseguono,

i crepuscoli delle coscienze impallidiscono, 

gli slanci incancreniscono.

Robot, 

palle di vetro, 

specchi 

incontri per le strade, 

abbondante è la provvista di pesci incatramati, 

uggiosa l’aria che respiri.

Fra le genti c’è uno zibaldone 

di ritratti e specie, 

di singnatidi e ungulati, 

di foche e leoni marini, 

di scimmie e uomini.

Luci sterili, 

vite parallele, 

caligine, 

tentazioni, 

proponimenti, 

riflessioni 

ingabbiate nei vortici dell’instabilità. 

Avverti acidi che corrodono la speranza, 

esacerbando, 

nel cubicolo presidiato da corvi e cornacchie, 

l’ansia del presente.

Rimani aggrappato all’ultimo anelito di vita,

un vento gelido penetra nelle ossa,

i segreti sono rami spogli in individui di legnosa magrezza.

L’ansito del mare

crea squarci negli ammennicoli della ragione, 

la tempesta, 

stemperando la bilancia dei contrasti, 

stravolge ogni ordine fittizio.

Occhi stralunati affissano altri sguardi, 

raccapriccianti sentieri volgono 

in poggi desolati e solitari.

L’edificio implode, 

isole di fabbricati smozzicati,

i mattoni sfaldati, rantolando,

cercano una consona disposizione.

Calano le tenebre,

sorgono cadaveri nella falce della luna,

spettri che provocano sgomento e ribrezzo.

Veloce e inattaccabile, 

t’allontani alla ricerca della libertà.

Incontri amici che tenti di guidare e salvare, 

intraprendendo, con impeto, 

un’ascesa. 

Fameliche creature dagli occhi iniettati di sangue,

secche e imponenti come i faggi in inverno, 

snodano lunghi arti con appendici prensili 

e, indomite, ti scarpinano 

alle calcagna.

Ti sorpassa, impavida, 

gente fiaccata da acciacchi, 

gambe corte di obesi che si muovono come anatre, 

e, incredulo, 

t’ostini a seguirli lungo l’erta prescelta 

che, improvvisamente, 

diviene inaccessibile e straziante.

Su cenge tagliate a ridosso di crinali, 

ti trovi impossibilitato a cambiare percorso 

e, spasmodicamente aggrappato, 

inarrestabili, come l’afrore insopportabile del corpo sudato,  

t’inseguono le tue paure.

Già sono dentro di te, 

prima che tu possa fronteggiarle, 

e sono ore ubriache e di fosfeni.

L’unica opportunità di fuga è destarti dal sonno 

e lasciarle languire, predatrici, 

come fardello di terrena soma,

piantando nell’immaginazione un albero fecondo.

_ Dipinto di Marc Chagall denominato “Crocifissione bianca”

realizzato nel 1938 e conservato presso il The Art Institute di Chicago.