Carissimi lettori di Alessandria Today, sono molto felice di pubblicare questa intervista a un autore davvero ricco di fantasia ed entusiasmo: Federico Fubiani, che mi ha permesso di leggere e recensire il suo libro fantasy: “Le memorie di Roksteg. Il risveglio di Lephisto”, edito dalla casa editrice: Argento Vivo. Conosciamolo!

Ciao Federico, grazie di aver accettato di farti intervistare da me, come sai la mia primissima domanda è sempre la stessa: chi sei? Presentati ai nostri lettori. Ciao Anna. Innanzitutto ti ringrazio per l’interesse mostrato verso i ragazzi di Roksteg. Loro, ancor più di me, ti sono davvero riconoscenti…Sbrigati i convenevoli, rispondo alla tua domanda nel modo più banale possibile. Mi chiamo Federico, ho quarantotto anni e lavoro come impiegato in un supermercato del mio paese (Greve in Chianti). Ho una bella famiglia e sono padre orgoglioso di due ragazzi in gambissima… Scrivo per puro diletto, passione che si è trasformata, inaspettatamente, in qualcosa di più…

Quando e come ti sei avvicinato alla scrittura? Penso sia una cosa che ho sempre avuto nel sangue. Provengo da una famiglia di creativi: mio padre era musicista, suonava il flauto traverso in orchestra, mentre mia mamma si è dilettata spesso nella pittura e, soprattutto, nella composizione di poesie. Ha vinto vari concorsi e ha pubblicato recentemente una silloge, sempre con Argento Vivo Edizioni: “Fiori di campo”. Più che di “scrittura”, nel mio caso, parlerei più di voglia di raccontare. Credo che la mia prima creazione in assoluto sia stato un fumetto i cui protagonisti erano Topolino e Pippo alle prese con l’eterno rivale Gambadilegno. Poco tempo dopo buttai giù una poesia dedicata alla Luna. E in generale, anche a scuola ho sempre scritto con facilità e spontaneità e allo stesso tempo tenevo una fitta corrispondenza con tre o quattro amiche di penna…Un ruolo importante lo hanno rivestito naturalmente le letture dell’epoca. Adoravo le trasposizioni in prosa di Iliade, Eneide e Odissea, tanto che la mitologia occupa un posto importante nel mio cuore (e credo si noti anche nei miei scritti…). E non posso non citare Giulio Verne. Dopo aver letto quattro o cinque volte “Viaggio al centro della Terra” sognavo di andare in Islanda, a cercare il passaggio usato da Arne Saknussemm…

Quanto la tua passione per i giochi di ruolo ha inciso nella stesura del tuo romanzo? Direi che i giochi di ruolo sono stati la causa scatenante. La genesi del mio libro è quantomeno anomala e originale: i ragazzi che venivano a casa nostra a giocare, insieme ai miei figli, mi facevano complimenti entusiasti.

– Federico, le tue storie sono bellissime… dovresti scriverci un libro… – mi esortavano.

Decisi di accontentarli. Il progetto iniziale era di buttar giù una sorta di riassunto delle nostre avventure, stamparlo e consegnarglielo, affinché avessero un ricordo di quell’esperienza. Via via che la storia prendeva corpo, però, iniziai a pensare che poteva meritare di essere conosciuta da un pubblico più vasto e carezzai l’idea di tentare la via della pubblicazione.

I cinque protagonisti del tuo romanzo hanno tutti delle prerogative, se potessi vivere per un giorno nei panni di uno di loro, quale sarebbe e perchè? Non ci crederai, ma non ho bisogno di immaginarmi la situazione per vivere nei loro panni… 🙂 Ognuno di loro, perfino molti dei personaggi minori, rispecchia me stesso; senza averlo pianificato a tavolino, mi sono reso conto di aver infuso una mia piccola caratteristica in ognuno dei protagonisti e dei comprimari. Ovviamente in alcuni casi le peculiarità sono state estremizzate per esigenze narrative, ma chi mi conosce a fondo potrà riconoscere alcuni lati del mio carattere nelle varie sfaccettature dei personaggi. Dovendo rispondere in modo letterale alla tua domanda, però, non posso negare che l’idea di utilizzare la magia sarebbe molto allettante!

Nei primi capitoli i nostri cinque protagonisti debellano lupi famelici e posseduti da forze maligne; spieghi che il Male può dominare persone, animali e cose e ferire anche mortalmente il prossimo. Quanto ha influito il male e la violenza che regna al giorno d’oggi nella costruzione di questa narrazione? Molto. E soprattutto, mi permetto di aggiungere, quando il “male” colpisce chi non ha voce in capitolo, chi non si può difendere. In particolare, in questo primo libro, mi riferisco soprattutto alla natura, troppo spesso brutalizzata dissennatamente dalla nostra specie. E lo scempio che abbiamo compiuto mi terrorizza. Il pensiero che le future generazioni possano solo immaginare le meraviglie del nostro mondo mi colma davvero di angoscia.

Mi sono molto divertita nel leggere i tanti trucchi e incantesimi presentati in ogni capitolo, forse più di tutti ho amato la “scala dimensionale” grazie alla quale il mago Kharvus si erge su un piano superiore senza essere visto. Ti è mai capitato di voler usufruire di questa magia? Ma… carissima Anna… io HO questo potere… e ce l’hai anche tu…. e tutti coloro che scrivono e leggono lo hanno. Quando scrivo (o quando leggo, perché le due cose non sono altro che i due lati della stessa medaglia) io sono come Kharvus che evoca la sua scala per rifugiarsi nella stanzetta invisibile, al riparo da occhi indiscreti, intemperie e quant’altro. La scrittura\lettura permette di raggiungere altri mondi, altre dimensioni, proprio come accade con l’incantesimo di Kharvus…

Un’altra magia che mi ha molto divertito – forse anche perchè parla in sardo, a proposito perchè parla sardo? 🙂 – è il “famiglio” Emu di Kharvus, vuoi spiegare di che si tratta e come ti è venuta in mente questa figura che si è poi rivelata utilissima per il mago e i suoi amici liberandoli da una situazione molto complicata? Sardo? Non ci avevo pensato! All’epoca mi ispirai semplicemente a Yoda di Guerre Stellari, modificando un po’ il suo modo di parlare affinché non fosse identico al famoso Jedi. Ma non pensavo davvero di aver scimmiottato il dialetto sardo! Per quanto riguarda la domanda su Emu, il “famiglio” non è altro che una creatura evocabile (solo da un utilizzatore dei poteri arcani) al fine di avere un alleato che offra un supporto nelle situazioni più disparate. La sua comparsa fu causata dalla necessità di accentuare la “solitudine” di Kharvus, che all’inizio utilizza il suo famiglio alla stregua di animaletto da compagnia. Solo dopo, nel momento in cui i nostri amici si sono trovati nei guai, mi è venuto in mente che tra le sue carte Kharvus annoverava quell’asso da giocare…

(Ti confesso che leggendolo ho pensato al bidello dei Simpson! 🙂 – Anna)

Nella figura del mago malvagio, nel suo piano diabolico di assoggettamento del mondo attraverso il prezioso plasma del drago, e nella definizione di taluni prigionieri come “inutili pezzi di carne”, hai forse voluto – anche velatamente – citare gli enormi pericoli di una dittatura totalitaria, e denunciare il nazismo per il quale i prigionieri ebrei dei campi di concentramento erano solo dei “pezzi” e non degli esseri umani? Il nostro tempo è preda di una deriva pericolosa: tornano ad avvampare nostalgie che non dovrebbero trovare terreno fertile per attecchire e che invece prosperano con una facilità impressionante e sono felice che in qualche modo una lettura “leggera” come la mia possa veicolare un avvertimento tanto importante. Sebbene non abbia volutamente progettato il mio Sigdragasum sulla falsariga del Fuhrer, è innegabile che per modus operandi (anch’egli non esita a sacrificare le vittime innocenti che gli capitano a tiro per il raggiungimento dei suoi turpi scopi) egli possa essere paragonato a uno dei tanti dittatori sanguinari che tuttora impestano il mondo e opprimono i popoli. Nella mia idea, comunque, Sigdragasum è soltanto un individuo meschino, misantropo, che brama il potere e non si fa scrupoli per ottenerlo.

Tu sei uno scrittore, ma sei anche un padre orgoglioso, e ai tuoi figli non a caso dedichi il tuo libro, dimmi, è anche per omaggiare – finalmente! – la paternità che il tuo libro indugia molto sui padri – molto più che sulle madri – e anche nei loro errori di valutazione e di attenzioni date ai figli? Il padre delle gemelle, il padre di Kharvus, il padre inesistente di Reklo e il suo surrogato il nano Ghalor, e infine Hileon, il padre di Whita rapita da loschi figuri, sono tutti personaggi che, a ragione, godono di ampio spazio nel tuo libro. Spiegaci questa tua scelta. Non c’era una tale e specifica volontà. Anche in questo caso è nato tutto in modo spontaneo. Credo che ciò sia dovuto al cambiamento dei tempi. La mia generazione interagiva al 90% con la madre, casalinga, mentre il padre veniva visto come figura generosa nel suo sacrificio di stare tutto il giorno al lavoro, ma comunque meno presente nel rapporto con i figli. Ora è tutto diverso: anche le madri lavorano e i padri si sono riscoperti genitori attivi ed efficienti come le compagne. Io ho cambiato pannolini, asciugato lacrime, giocato alle bambole, alle macchinine e ora che i miei figli sono cresciuti, partecipato a giochi più complessi come quello da cui è nato “Le memorie di Roksteg”. Questo cambiamento, che si può definire “epocale”, non poteva non influire nella mia scrittura. Nei miei romanzi, ho cercato di riportare le mie esperienze, estremizzandone le criticità – vi assicuro che non ho mai sbattuto mio figlio fuori di casa! 🙂
E tutto ciò mi è stato utilissimo per dare maggiore profondità alla storia e ai personaggi, ma soprattutto per analizzare me stesso, il mio rapporto con i figli, comprendere gli errori insiti in alcuni atteggiamenti. Il problema è che per arrivare a essere un padre perfetto dovrei scrivere un romanzo al mese!

Come nascono i buffi ed efficaci nomi del tuo romanzo? I nomi dei miei personaggi sono la “croce e delizia” dei miei lettori… 🙂 Suscitano meraviglia per l’efficacia con cui sono stati abbinati ai rispettivi personaggi, ma allo stesso tempo sono odiati per la difficoltà di memorizzazione… (Ma come dico sempre, trattandosi di un romanzo fantasy, non potevo usare, Anna, Federico, William ecc.). Per rispondere alla tua domanda ti svelo un segreto: non ho alcun merito nella scelta dei nomi… mi sono affidato a un banalissimo generatore di nomi fantasy trovato su internet…Immagino che la risposta sia un po’ deludente, ma spero venga apprezzata la sincerità!  🙂

Parlaci dei libri successivi a questo.Innanzitutto devo aprire una piccola parentesi. Nel mio progetto iniziale, “Le memorie di Roksteg” doveva essere una saga dedicata a un pubblico adolescente. La constatazione che ad aver letto e apprezzato “Il risveglio di Lephisto” erano stati quasi solo adulti (ho il piacere di avere tra i miei lettori molte persone dai capelli bianchi) mi ha spinto ad alzare un po’ il target. Questo si è tradotto in una complessità di temi, concetti, scrittura stessa, che nel secondo capitolo alzerà la sua curva fino all’apice raggiunto dal terzo e ultimo romanzo che è il più “adulto” dei tre. Mentre il primo romanzo si sofferma su un chiaro intento pedagogico molto semplice, ovvero il rispetto per la natura, per gli animali e le piante, nel secondo l’intento educativo va a toccare un tema molto più difficile come quello della tolleranza e della coesistenza delle varie razze, il razzismo, insomma. I nostri amici dovranno fare i conti, infatti, con una feroce discriminazione che sfocerà anche nella violenza più cruda e perfida. E il tutto per motivi futili, legati a un passato lontano.  Oltre a questo le stesse dinamiche dei protagonisti, ormai adulti, iniziano a mutare, con le implicazioni che l’età matura si porta dietro. Inoltre si inizierà ad avere qualche indizio sul famoso maleficio che colpisce i ragazzi alla mezzanotte delle notti di novilunio. L’ultimo romanzo abbandona qualsiasi velleità pedagogica… posso dire che se i primi due volevano far riflettere su temi attuali e importanti, il terzo è intriso di pura riflessione personale. Innestato nelle vicende che porteranno i ragazzi all’epilogo, ho affrontato uno dei temi che più mi affascinano e tormentano: dio, la fede, la religione.

Complimenti per l’immensa fantasia che hai, è una tua prerogativa o l’hai allenata in qualche modo? Penso sia una mia prerogativa. Ho una notevole immaginazione e, soprattutto, tanta voglia di raccontare. Ad alimentare il fuoco della mia fantasia ci sono stati libri, fumetti (ritengo che Topolino, almeno quello della mia epoca fosse incredibilmente educativo) film, videogiochi, giochi di ruolo. Ma oltre a questo c’è soprattutto la “vita”. La mia esperienza personale. Nei miei personaggi ci sono io, i miei figli e i loro amici, persone che ho incontrato nella mia esistenza, amici, colleghi di lavoro ecc. Io non ho fatto altro che rielaborare tutto ciò che ho letto, visto e sperimentato per creare un mondo, dei personaggi e una storia tutti miei!

Vedendo il mondo attuale e la violenza inaudita che lo domina, riponi speranze per il presente e il futuro? Ti confesso che ho molta paura. Ogni volta che leggo qualche notizia aberrante (i notiziari di questi giorni hanno offerto un campionario ricchissimo) mi convinco che per il pianeta e l’umanità non ci sia un futuro. Poi però tra mille brutture come questa emergono notizie o esempi positivi e la speranza rinasce. Ti cito un esempio recente: a Greve, durante la chiusura per il covid19, il comune ha organizzato il servizio di spesa a domicilio per persone anziane o a rischio. Ebbene la partecipazione di tantissimi ragazzi, ambo sessi, di varie età è stata enorme e continua. Hanno partecipato anche ragazzi extra comunitari, aspetto a mio parere di importanza fondamentale… Ebbene quando assisto a situazioni di questo tipo penso che forse riusciremo a dare una raddrizzata a questo povero mondo…

Progetti futuri? Innanzitutto la pubblicazione del volume conclusivo della saga. Subito dopo ho in programma la pubblicazione di una piccola antologia di racconti brevi, in sinergia con la onlus “CURE2CHILDREN“. Quest’associazione si occupa di fornire aiuto all’infanzia in tutto il mondo e io ho sposato il progetto di ricerca sul neuroblastoma, un terribile tumore infantile, di cui C2C è sostenitrice. Poiché mio padre è morto di tumore nel 2009 e i bambini sono il nostro futuro, la nostra speranza, penso di aver trovato il modo migliore di ricordare mio padre e dare una mano concreta a un progetto importante. Se poi la lettura dei miei racconti darà un piccolo piacere ai lettori, sarò ancora più felice. Tornando a Roksteg, la storia si conclude in modo a mio parere definitivo con il terzo volume. Certo è che il mondo che ho creato è talmente vasto che mi ci perdo io stesso… quindi… chissà…

E’ vero, vasto e pieno di colori! Grazie per avermelo fatto scoprire e per averlo un poco raccontato ai nostri lettori. Inoltre grazie per il tempo che ci hai dedicato e in bocca al lupo per tutti i tuoi progetti!

Anna Pasquini – Alessandria Today