Liliana Segre nelle testimonianze degli archivi vaticani, di Agostino Pietrasanta

Posted on 8 agosto 2020

Domenicale ● Agostino Pietrasanta

https://appuntialessandrini.wordpress.com

Alessandria: Spiace constatare che il capitolo dei rapporti tra S. Sede e distruzione degli Ebrei d’Europa sia stato prevalentemente visto col paraocchi dell’ideologia; in particolare di accusa a Pio XII e nel contempo in difesa, spesso di parte del suo operato. Pacelli non può essere certamente considerato come “Papa di Hitler”, né come “Papa degli Ebrei” dal momento che, ben consapevole della condizione fatta al popolo della “prima alleanza” non riuscì a considerare la specificità della loro condizione all’interno delle abiezioni della guerra, cui certamente si oppose con tutta la possibile determinazione.

Sono questioni di cui, in questa sede e in sedi varie e diverse, mi sono trovato a affrontare e certamente rischierei di ripetermi, se non avessi avuto occasione di rileggere un passaggio del libro “la memoria rende liberi” della Segre, lucidamente curato da Enrico Mentana; nel contempo prendo atto dei complessi interventi diplomatici della S. Sede di cui fanno testimonianza i documenti reperiti nella parte degli archivi vaticani recentemente resi a disposizione degli studiosi.

Nel libro della senatrice Liliana Segre si testimonia, in un passaggio tanto drammatico, quanto deprecabile, del comportamento delle guardie di frontiera svizzere, quando la protagonista tredicenne (si era sulla scorcio del 1943) era riuscita a espatriare col padre e alcuni amici. Tutti furono tacciati di ipocrisia e impostura, si sentirono trattati come disertori e renitenti alla leva (della Repubblica di Salò! Una tredicenne!), furono respinti in territorio italiano dal momento (urlò un funzionario della democratica svizzera) che la persecuzione degli Ebrei era un falso di propaganda! Appena in Italia furono arrestati con l’esito che ne seguì: Liliana portò per anni le conseguenze dell’internamento e il padre fu ucciso a Auschitz nell’aprile del 1944. Peraltro si tratta della Svizzera che, nel 1938, aveva negato ospitalità alla conferenza che poi si tenne a Evian per iniziativa del presidente degli U.S.A. onde trattare di eventuale ospitalità e accoglienza ai profughi Ebrei, conferenza dai risultati su cui conviene stendere un velo di prudente valutazione.

Ora dagli archivi vaticani si conferma quanto sempre risaputo da chi, libero da pregiudizi ideologici, prende atto dell’intensa, complessa e organica azione della S. Sede e di Pio XII per salvare gli Ebrei nel corso della guerra e soprattutto nel periodo 1943/44. Sia chiaro, non voglio entrare nel merito di una provata mancata denuncia, da parte di Eugenio Pacelli della specificità della persecuzione ebraica: mancata denuncia condizionata dalla fiducia del papa nello strumento diplomatico, posto in essere, prima per tenere il mondo fuori del conflitto e poi per arginare, coi possibili contatti delle nunziature, la furia devastante del nazismo. Lo strumento diplomatico, già abbandonato da Pio XI (papa Ratti), finì per deludete anche Pio XII. Personalmente sono anche convinto che Pacelli passerà, dopo il conflitto, a privilegiare la tattica di un magistero generalizzato perché ormai sospettoso dei canali diplomatici.

Il fatto è che corre una notevole differenza tra la succitata constatazione della mancata esplicita denuncia e il misconoscimento o la banalizzazione riduttiva dell’attività sistematica e organica del Vaticano per salvare la vita degli Ebrei e dei perseguitati politici di qualsiasi religione e parte politica: attività organica e sistematica al punto che diventa risibile e ideologica la pretesa di un’attività ritenuta da certa storiografia(?) del tutto casuale e episodica. A Roma cento cinquanta istituti religiosi ospitarono Ebrei e perseguitati antifascisti per tutto il periodo dell’occupazione tedesca: attività casuale e ignorata dal papa? Eppure qualcuno lo pretende. A Genova, a Torino, a Milano e in varie zone della Toscana le diocesi sostituirono le organizzazione ebraiche ormai impossibilitate a fornire i necessari e indispensabili soccorsi. Attività sporadica ignorata dal papa? Eppure varie ideologie anticattoliche lo affermano.

Ora l’apertura degli archivi ci conferma che tutte le nunziature dell’Europa centrale, anche quelle rette da titolari altra volta fin troppo prudenti col governo tedesco, si attivarono per sapere per soccorrere per trasmettere notizia e creare un filone di solidarietà odiata e perseguitata dal regine nazista e da quello subalterno di Salò.

Alla fine una considerazione: mi pare singolare l’attacco esclusivo a Pio XII, a fronte del comportamento dei molti stati democratici e della Svizzera in primis, prevalentemente insensibili al destino del popolo ebraico.

Forse, nel rispetto dalla serietà storiografica qualche ripensamento e qualche contestualizzazione non farebbe male, in un adeguato equilibrio tra memoria e storia.