Appunti di un ragionamento ( capitoli 7 e 8 ) di Bruno Mattu

Un romanzo di Bruno Mattu che si compone di 14 capitoli, pubblicheremo 7 post in sequenza con due capitoli ciascuno, ecco il 7° e l’8°. Pier Carlo Lava 

“Premessa”

Nella vita di un uomo la Luce gioca sempre un ruolo fondamentale, fin da quando apre gli occhi per la prima volta e lascia che vi penetri dentro.

Senza di essa non riuscirebbe neppure a guardarsi e a capire chi è o cosa potrebbe essere.

Ne sono passati di anni dal momento in cui Stelvio ha conosciuto la Luce.

E’ un nome buffo il suo, di quelli che non si sentono spesso in giro. Lo conoscono in pochi e sono loro che lo chiamano quelle rare volte che lui si sente chiamare da qualcuno. Molti che lo frequentano non ci sono più: i lustri quando passano e ne trascorrono in tanti, sembra che non possano fare a meno di cancellare da vicino le persone che più sono care. Una persona più va avanti e più gli sembra di vivere come in una forma di groviera, circondato da tanti buchi, i vuoti lasciati da coloro che sono volati via, dai quali non si può avere più la risposta alle domande che gli si fanno. La tristezza viene proprio da quell’improvviso silenzio che tace a tutte le domande.

Ha il nome di una montagna: forse perché la madre nel generarlo aveva avuto l’impressione di vedervi una persona forte, salda sui propri principi, come sono salde le pendici di una montagna.

Il padre l’aveva visto, ma era troppo indaffarato nei suoi impegni di lavoro per trovare il tempo di pensare un nome.

Stelvio. Ora che sono trascorsi decenni, la cima della sua persona si è imbiancata, proprio come la vetta di quel monte da cui trae il suo nome.

Non è molto alto , ma le sue gambe sono ancora solide.

In questo mondo in cui si misura tutto, dal primo respiro all’ultimo anelito, si sente sempre il bisogno di paragonare. Anche l’età delle persone viene paragonata a qualcosa per rendersi conto del suo trascorrere, anche se basterebbe guardarla in fondo agli occhi una persona e capire che quella che le si attribuisce con i numeri, in realtà è diversa da quella che essa vive dal di dentro.

Anche lui esprime con gli sguardi un’età differente da quella che i capelli bianchi, il viso scavato e le dita lasciano presumere.

In effetti si può parlare di un’età indefinita.

E’ lo spirito che si ha dentro che determina il reale stato d’invecchiamento di una persona.

Spesso le persone giovani sono maggiormente invecchiate di quelle anagraficamente anziane.

Sono gli occhi che fanno la differenza tra le persone, o meglio, è dagli occhi che si scopre quanto si sono arrugginite le persone.

Gli sguardi di chi si volge intorno rivelano apatia e indifferenza o curiosità e interesse.

Chi è sicuro di aver già visto tutto, non spreca tempo a voltarsi e si annoia a tenere ancora a lungo gli occhi  aperti. Chi , invece, sente di non aver affatto imparato mai abbastanza, non vorrebbe mai chiudere gli occhi e si aggira  con la stessa ingenua curiosità di un bambino.

Un bambino, già, ma chi riesce ad esserlo a lungo?

Cap. VII

 “Cos’è la Profondità?

E’ avere il coraggio di guardarsi, ma non solo la prima immagine esterna, vista di sfuggita sulla superficie di uno specchio qualsiasi.

Occorre fermarsi e scendere dentro, attrezzati di corde e picchetti, come uno speleologo con l’elmetto in testa che illumina il percorso dei propri passi con la luce della ragione e dei sentimenti, per non rischiare di precipitare nel vuoto.

E’ così facile tenere sempre coperto quel pozzo buio e non trovare il tempo di esplorarlo: è comodo.

Come tutte le cose comode su cui ci si adagia, però, si rischia all’improvviso di cadere nel vuoto se non si è riempito nel tempo e si è lasciato che diventasse sempre più una voragine.

Una persona cresce, ma occorre che cresca in modo armonico, senza sbilanciamenti, altrimenti, arrivata ad un certo punto, non si regge più in piedi. Ogni persona ha bisogno di poggiare la sua vita su solide fondamenta.

Esse non sono fatte per essere mostrate con orgoglio, ma sono nascoste per sostenere dal fondo tutto ciò che vi si poggia sopra. Più sono profonde e più sono capaci di attutire gli urti e distribuire i pesi evitando pericolosi e improvvisi sbilanciamenti e tracolli.

Nessuna persona sensata si azzarderebbe a scalzare il terreno per scoprire le sue fondamenta e mostrarne la solidità. Il mondo trabocca di insensati che pensano che galleggiando e non ancorandosi a nulla si possa sempre evitare di venire sommersi, come se la vita fosse solo oceano in cui le onde non possano travolgere chi vi si trova a galleggiare sopra.

Ma gli individui non sono relitti di un continuo naufragio che possono vivere per intero le loro esistenze in quello stato: impazzirebbero.

C’è bisogno di ancorarsi perché la superficialità non nutre lo spirito che abbiamo dentro, ma sentiamo anche la necessità di muoverci e non possiamo restare solo ancorati.

La profondità è un mistero che ci pervade dall’interno e che ci dona nutrimento se ne sappiamo ascoltare gli insegnamenti.

La vita è come un filo, lungo al punto da consentire al nostro essere di spaziare, ma esile che occorre conservare con cura perché non si spezzi troppo presto, prima di imparare ad apprezzarla. Questo filo può muoversi in tutte le direzioni, ma non tutte le direzioni sono giuste: la profondità ci aiuta a capire quali sono le direzioni tra le quali possiamo scegliere la nostra e fornirci gli stimoli per continuare il cammino nonostante le difficoltà, spesso insormontabili, e gli sconforti che accompagneranno tutti i nostri passi.

È solo attingendo ad essa che troviamo il coraggio di proseguire, anche se tutto spesso ci rema contro.

La profondità non ci deve imprigionare, costringendoci ad estraniarci da tutto, avulsi e recidere tutti i legami con i nostri simili: saremmo ugualmente dei poveri derelitti, naufraghi in noi stessi.

No! La Profondità deve essere una molla che ci consente di spingerci oltre, verso chi ci si muove intorno per metterne in luce l’umanità e la pienezza dei loro esseri e non sfiorarne appena la vicinanza, come se fossero delle ombre di cui abbiamo il timore di avvertirne anche solo la presenza.

Gli altri, già, ma chi sono?  

Cap. VIII

 “Chi sono gli altri?

Dei compagni di viaggio,fondamentalmente, ma il viaggio delle vita viene intrapreso da ognuno in tempi diversi e cambiano i momenti in cui ci si incontra, l’età ed i punti di vista da cui ognuno guarda il mondo.

Spesso non ci si capisce e quasi ci si ostacola nel proseguimento dei passi dell’altro, temendo che il suo proseguire sia di danno al nostro.

Siamo tutti immersi in questo enorme areario di forma sferica che avvolge il pianeta sul quale siamo nati e nel quale ci muoviamo sempre più a stento, ingombrati dalla nostre stesse invenzioni, che da un lato ci hanno fatto comodo e di cui non sappiamo fare a meno, ma che dall’altro inquinano in continuazione.

Se fosse un piccolo acquario si potrebbe cambiare l’acqua e ripulirla dei detriti, ma non c’è nelle vicinanze un deposito di aria da cui attingere. Esiste un sistema di filtraggio, ma è stato dimensionato per quantità minori di inquinanti.

Ci vorrebbe un miracolo: delle grandi mani costituite dall’unione delle mani di tutte le persone che, all’unisono, ripuliscono insieme tutta l’aria e l’acqua e la terra che sono state sporcate.

Sono troppi gli altri che muoiono, dimenticati, non visti, a causa della cupidigia e dell’arroganza di alcuni.

Il miracolo sarebbe aprire gli occhi, squarciare tutti i muri, ad iniziare da quelli mentali, che dividono molto più di quelli veri e capire.

Stelvio ha provato tante volte a capire, ma sono molte le lingue che vengono parlate e spesso le parole non si corrispondono.

Si fa presto a dire qualcosa: è quando bisogna attraversare il mare che ci divide da esso, che ci si scoraggia e si rinuncia.

Il mare delle difficoltà è spesso mentale e la paura della fatica spaventa più della fatica vera necessaria.

Quanti altri sono rimasti persi al nostro vivere per il timore della fatica che dovevamo fare per raggiungerli?

Le strade sono piene di incroci che si attraversano senza quasi sapere chi siano, anche se ai lati vi sono scritti i nomi.

Le strade a cui concediamo la nostra familiarità sono poche; sono più quelle in cui transitiamo senza quasi guardare ai lati, accontentandoci dello sfondo che ci danno alle nostre code degli occhi, mentre noi guardiamo dritti con gli occhi rivolti in avanti, pronti a intravedere la nostra meta.

Quanti altri vivono in quelle strade e di cui non ne percepiamo nemmeno l’esistenza?

È brutto vivere rivolti altrove, dimentichi di tutto ciò che incontriamo lungo il cammino!

Quanti saluti che ci sono rivolti non ricambiamo con la giusta gentilezza!

Gli altri sono il nostro specchio, l’alter ego necessario per confrontare e confortare il nostro proseguire in questa vita. Senza di essi non avrebbe senso il nostro esistere.

Senza di loro non esistiamo e il vuoto che circonda il nostro agire lo mettiamo tutto dentro a riempire l’animo. Ma il vuoto non ha sapore, non ha odore e lascia un profondo senso di amaro. Lo stesso che dà la solitudine.

La  Solitudine, già, ma cos’è?

Continua…

Capitoli precedenti

Appunti di un ragionamento ( capitoli 1 e 2 ) di Bruno Mattu

Appunti di un ragionamento ( capitoli 3 e 4 ) di Bruno Mattu

Appunti di un ragionamento ( capitoli 5 e 6 ) di Bruno Mattu