Dott. Chichino. Coronavirus: Sono stati fatti parecchi errori, a cominciare dall’OMS, passando per il ministero fino a raggiungere le realtà decisionali periferiche o i cosiddetti “Esperti”.

La pandemia non è iniziata all’interno di un evento bellico, ma le conseguenze non sono tanto diverse: milioni di morti, distruzione dell’economia e disgregazione sociale.

Alessandria today, intervista al dott. Guido Chichino Direttore S.C. malattie infettive dell’ospedale di Alessandria.

di Pier Carlo Lava

Come Direttore S.C. malattie infettive dell’ospedale di Alessandria, ci vuole raccontare la sua esperienza durante l’epidemia di Covid-19 ?

Confesso che è stata un’esperienza che speravo di non fare, perché un’epidemia da Coronavirus è la cosa che temevo di più da anni. Non ricordo bene la data precisa, ma eravamo tra gli anni 80 e 90, e l’allora Direttore delle Malattie Infettive di Pavia, il Prof. Rondanelli, mi mandò ad un corso sulla guerra batteriologica. Fra le varie armi possibili quella causata da una epidemia da Coronavirus era indicata fra le più temibili, per svariati motivi. Chiaramente la pandemia attuale non è iniziata all’interno di un evento bellico, ma le conseguenze non sono tanto diverse: milioni di morti, distruzione dell’economia e disgregazione sociale. Comunque l’abbiamo affrontata (medici e staff infermieristico), come affrontiamo ogni giorno eventi infettivi di minore portata epidemiologica e che non salgono agli onori della cronaca, ma che ci sono sempre. Il nostro è stato un osservatorio particolare, perché abbiamo comunque continuato a lavorare, non subendo pertanto le conseguenze psicologiche del lockdown, ma quelle dello stress lavorativo. Per ovviare a tutto questo, a differenza di tanti miei colleghi che hanno voluto vivere in maniera eroica tale esperienza, ho voluto fin dall’inizio che a tutto il personale fossero garantite adeguate ore di riposo: il personale sanitario stanco fa solo danni. 

Come si presentava la situazione dei posti letto all’inizio dell’epidemia?

Il Reparto di Malattie Infettive è dotato di 12 camere a due letti, tutte condizionate con aerazione a pressione negativa. Queste erano le uniche camere che si potevano usare secondo le prime indicazioni ministeriali, poi con l’esplosione della pandemia sono stati allestiti posti letto dedicati anche in altre aree dell’Ospedale, a cominciare dalla Medicina d’Urgenza, per passare poi alla Pneumologia ecc., secondo un incremento modulare, tale da garantire aree libere da contagio per poter continuare l’attività ordinaria. Nel pieno della pandemia siamo arrivati ad oltre 170 ricoverati Covid.

Quali farmaci sono stati utilizzati per curare i contagiati nelle varie fasi della malattia?

Come Infettivologi piemontesi avevamo deciso già alla fine di gennaio di attenerci a quelle che erano le evidenze cinesi sull’utilizzo di farmaci off-label che avevano mostrato un minimo di attività contro il Coronavirus. Le nostre indicazioni erano di iniziare con clorochina, azitromicina, ed un antiretrovirale. Poi si è aperta la discussione sull’uso del cortisone, approvato da tutti, e sull’eparina relativamente al dosaggio. Col passare del tempo alcuni pazienti sono stati inseriti in vari protocolli per l’uso di altri farmaci, ma il rapido decremento dei casi ospedalizzati non ha permesso in alcuni protocolli addirittura di iniziare la sperimentazione. Sia come Azienda Ospedaliera che come ASL siamo inseriti in uno studio che ci autorizza ancora l’uso della clorochina, tuttavia questo farmaco, come altri, se funziona, ha un uso razionale nelle primissime fasi della malattia, che di solito sfuggono al controllo ospedaliero. Pertanto c’è un diverso approccio terapeutico nelle fasi iniziali della malattia ed in quelle che richiedono l’ospedalizzazione dopo settimane di sintomi evidenti.

Perché la provincia di Alessandria in rapporto agli abitanti è stata la più colpita del Piemonte?

Non si possono dare risposte sicure ad un tale quesito, ma solo fare delle ipotesi. Sicuramente la vicinanza con la Lombardia, gli scambi economici e logistici con le prime zone colpite hanno avuto un ruolo importante. Ricordo in proposito che a Codogno ha lo studio dentistico un professionista alessandrino al quale si rivolgono molte persone della zona. Questo è un dato epidemiologico che abbiamo scoperto interrogando i pazienti, ma impossibile da valutare a priori. Poi ci sono stati gli episodi della sala da ballo e dei tornei di carte, ma che da soli non possono giustificare l’intensità del fenomeno. Speriamo che gli epidemiologi ci diano risposte in futuro.

Ritiene che si sia valutata per tempo la gravità della situazione, oppure si poteva fare meglio e come?

Di errori ne sono stati fatti parecchi, a cominciare dall’OMS, passando per il ministero fino a raggiungere le realtà decisionali periferiche o i cosiddetti “Esperti”. Come si possa essere esperti di una malattia nuova e che non si conosce è un bel  mistero! Siamo passati dal non mettere la mascherina per non urtare la sensibilità dei pazienti all’obbligo di usarla anche all’aria aperta. Un errore fondamentale è stato quello di dare indicazione ai pazienti di rimanere a casa e di non intasare i PS. Questo può andare bene in presenza di una assistenza domiciliare operativa, ma non nella totale assenza di qualsiasi controllo clinico per 2-3 settimane. I pazienti giungevano in ospedale in condizioni critiche e difficilmente recuperabili. Questo non si deve più ripetere. 

A suo avviso in provincia di Alessandria come si può considerare la situazione oggi?

La situazione evolve di giorno in giorno e quello che diciamo ora potrebbe essere smentito domani o addirittura fra qualche ora. Mentre stiamo parlando è arrivato in Ospedale un paziente che deve essere intubato, una situazione che non si vedeva più da mesi. Il virus non è sparito ma circola ancora e si manifesta in cluster, soprattutto di pazienti extracomunitari. Tuttavia sino ad oggi l’espressione clinica di queste positività è molto modesta e nella maggior parte dei casi non richiede neppure il ricovero in ospedale, per ora.

Ritiene che nella stagione invernale ci possa essere una ripresa dell’epidemia di Covid 19, oppure no e invece in caso affermativo saremo maggiormente preparati per affrontarla sia come medicina di base, che in ospedale?

Ogni previsione è valida perché non abbiamo uno storico per questa malattia. Non mi esprimo sulla medicina di base, ma a livello ospedaliero non dovrebbero esserci problemi, sempre che i malati vengano inviati in Ospedale per tempo.

A che punto è il vaccino e lei cosa ne pensa?

Attorno al vaccino per Covid c’è molta speculazione psicologica e politica. Personalmente ritengo che non lo avremo tanto presto e soprattutto a valenza definitiva. Molto probabilmente si avrà un sistema vaccinale che funzionerà per un tempo limitato, ma spero di sbagliarmi.