Valeria Bianchi Mian: Il tuo rapporto con l’Altro è sempre una questione di fiducia. 

Guardarlo al di là delle aspettative, conoscerlo più per come l’Altro si presenta che per il tuo stesso pre-sentimento; rinunciare al potere di imporre a quest’Altro un abito tagliato su misura dal tuo desiderio-sarto. Riconoscere quella differenza che, nella distanza tra te e lui/lei, richiede il farsi da parte dell’Io-voglio richiede una attitudine che puoi allenare con coscienza. Necessita di tutto il tuo impegno per andare oltre le proiezioni, nel bene o nel male. Desideri l’Altro per ‘mancanza di stelle’ ma ti avvicini in rapporto profondo soltanto se sei protetto da un buon astro.

Se il meccanismo proiettivo ti aiuta a esplorare il mondo alla ricerca del tesoro, per scoprire quello che che sei o che non sei, incontrando l’Altro oltre le categorie che tu abitualmente utilizzi, spogliando l’Altro delle tue definizioni, facendo spazio all’idea che lui o lei non corrispondano alla tua verità… apri la porta fiduciosamente alla relazione amicale, affettiva, umana.

L’origine della parola desiderio è decisamente poetica. Desiderio è un termine latino che unisce la preposizione de– (che indica assenza)  a sidus (stella). Chi desidera cerca di raggiungere il barlume che intravede ma chi si addentra nell’ignoto ha necessariamente in dotazione un lume, piccolo, delicato come la lampada dell’Eremita dei Tarocchi. Una ricerca che accende bagliori nella notte tra terra e cielo.

“L’uomo” – dice Jung (1913) – “è in possesso di molte cose che non ha mai acquisito ma che ha ereditato dai suoi antenati. Quando nasce non è una tabula rasa: è solo inconsapevole.”

(riflettendo sul tema ‘madri sufficientemente buone”, nella settimana che sto dedicando a “Utero in anima” saggio corale. Il brano è tratto da un articolo che ho scritto di recente. Negli anni, l’etimologa del termine desiderio mi ha così tanto affascinata che la cito spesso e volentieri)

Valeria 

Dipinto di B. Kershisnik