MONFRA’ JAZZ FEST, TRE SERATE E TANTO PUBBLICO FESTEGGIANO LA LIBERTA’ DI ESPRESSIONE E L’ESPRESSIONE DELLA LIBERTA’, ANCHE CONTRO IL COVID

Un fine settimana denso di note quello che ha visto la terza edizione del Monfrà Jazz Fest, certo il Covid ha costretto a una versione ridotta ma 8 concerti sono stati sufficienti per “portare la testimonianza della bellezza” come ha spiegato Ima Ganora, presidente dell’Accademia Europea d’Arte Le Muse che organizza la manifestazione in collaborazione con il comitato artistico. Una missione riuscita con esibizioni nel Chiostro di Santa Croce a Casale e nei due appuntamenti nella natura monferrina con artisti di alto livello e tanto pubblico, tutto quello che il distanziamento permetteva. Un progetto reso possibile anche dai partner Comune di Casale Monferrato, Comune di Odalengo Grande, Fondazione CRT, Energica, Distilleria Magnoberta, Krumiri Rossi, Euroedil, Amici del Po, Madamò srl.

Venerdì Allifranchini e l’energia dei giovani guidati da Cazzola 

Il lungo weekend del festival è cominciato già nella sera di venerdì 11 con il trio del sassofonista Wally Allifranchini a cui si è aggiunto Sandro Gibellini alla chitarra. Sound morbido, swing tutto spazzole di fine anni 40, tanto che Genny Notarianni, da tre anni imprescindibile annunciatrice del MonJF ci scherza sopra “In omaggio all’epoca mi sono vestita tutta di piume”.

Atmosfere leggere che conquistano il pubblico. Allifranchini chiama sul palco per un brano il giovane batterista Francesco Parodi: è un modo anche per lanciare il secondo set della serata con Gianni Cazzola, pilastro del jazz italiano, intento a scherzare in musica con chi ha “solo” 60 anni meno di lui.

Questo ottetto ‘Young Energy’ è sicuramente uno dei progetti più originali nati in seno al MonJF a cui Cazzola è affezionatissimo (“torno l’anno prossimo” – promette). Si va dai 28 anni di Sophia Tomelleri, fresca di premio Massimo Urbani, ai 16 di Tommaso Profeta, in mezzo ci sono anche Jordan Corda, vibrafono, Andrea Candeloro, piano, Carlo Bavetta, contrabasso, Cesare Mecca, tromba, Didier Yon, trombone.

Potrebbe essere solo un modo intelligente di mettere i giovani in vetrina, ma in realtà sono un gruppo affiatato come una vera all star big band. E’ un vero sguardo al futuro del jazz italiano e tra vent’anni questo concerto potrebbe diventare un documento storico. Poi c’è il più giovane di tutti Cazzola, 83 anni, che alla batteria imprime il suo ritmo ai solisti e nessuno, nemmeno sui take più complicati, si tira indietro. Gin Magnoberta e Krumiri Rossi completano la serata.

Sabato la musica per sconfiggere il Coronavirus e per conoscere il Molise

La sera successiva le luci si accendono su Bebo Ferra e il suo progetto ‘Jazz vs Coronavirus’. “Tutto è cominciato in lockdown – spiega il chitarrista – ho cominciato a pubblicare qualche performance da casa ed è diventata un’attività a tempo pieno, alla fine ho pubblicato più di 50 video”.

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Un’idea perfetta per un Festival che quest’anno ha come slogan “la bellezza è l’arma più contagiosa” e in effetti Ferra regala alla manifestazione una musica dove ogni nota si spande un po’ nell’anima oltre che nell’acustica del chiostro. Si cambia atmosfera con il secondo set che vede un vero duello sax – tromba tra Nicola Concettini e Giovanni Amato con alle spalle una esuberante sezione ritmica. Composta da altri importanti jazzisti del panorama nazionale quali Giovanni Paolo Liguori, Daniele Cordisco e Aldo Zunino.

Si gioca molto sulla differenza di timbro: sax roco e distorto per Concettini, tromba affilata e impeccabile per Amato. Questa serata di contrasti vede ufficializzare un importante gemellaggio sulle affinità: quello tra il MonJF e Borgo in Jazz del Molise. Concettini viene infatti da un piccolissimo comune in provincia di Campobasso: Gambatesa, dove si sono inventati un festival in grado di rivitalizzare i borghi dell’entroterra. Ce n’è abbastanza per fare uno scambio sul palco con lo stesso Concettini e Luca D’Alessandro di Borgo in Jazz. Si comincia con il cibo: i molisani hanno portato vino, taralli e mozzarelle che durante il festival sono messi a disposizione anche degli spettatori.  Poi in occasione di Borgo in Jazz 2020 un gruppo “monferrino”, l’Alpaca Trio, sarà ospitato una settimana nella piccola regione per concerti e lezioni e avrà con sé Krumiri, distillati Magnoberta, vini del Torchio d’Oro e muletta.

Domenica: suoni liquidi sul Po e armonie nel bosco per un eremo che torna in vita

Domenica è la volta di uno dei momenti più attesi del festival: alle 7.30 sul prato dell’imbarcadero di Casale si festeggia l’alba con la musica. L’organizzazione degli Amici del Po allestisce 250 sedie e nell’attesa fornisce la classica colazione monferrina: pane, gorgonzola, muletta e barbera. Quello di Daniele Di Gregorio al vibrafono e Giacomo Dominici al contrabbasso è un concerto liquido anche per le sonorità: un vibrafono elettronico, capace di trasformarsi in una Marimba, Xilofono e persino piano elettronico, emette note delicate che si spandono sull’acqua dissolvendo la prima nebbia.  Tutto è molto zen e quando i due attaccano ‘A Battle for Peace’ di Di Gregorio siamo davvero in un’oasi di relax a due passi dal centro. 

Il pomeriggio lasciamo il Po per inoltrarci in un bosco: quello di Odalengo Grande dove sulla collina del Moncucco, tra la folta vegetazione, c’è un eremo semidiroccato che da tre anni ospita il festival su quello che rimane del suo sagrato. “Una follia” commenta Ima Ganora rievocando la proposta del sindaco di Odalengo Fabio Olivero di tenere un concerto tra i tronchi. Una follia che però è stata utile: anche grazie all’attenzione creata dalla musica la zona è stata ripulita e valorizzata, ma domenica è arrivato anche un annuncio importante perché grazie a un bando del GAL a breve si comincerà a mettere in sicurezza l’eremo e chissà che il prossimo anno il concerto non sia ospitato al suo interno. Un annuncio che i quasi 200 spettatori arrivati fin qui dopo una camminata di una decina di minuti apprendono come una piccola vittoria. Un’occasione in più per godersi la musica del duo di fisarmoniche formato da Tazio Forte e Flaviano Braga, rispettivamente alla fisarmonica diatonica e alla fisarmonica cromatica. Il repertorio è straordinariamente adatto all’atmosfera campestre: si va dal tango, al valzer musette, al choro brasiliano, c’è un’allemanda di Bach, una danza norvegese di Edward Grieg e Paolo Conte. Eppure tutto questo è perfettamente jazz, è la magia di una musica espressione di libertà e libertà di espressione come sottolinea continuamente questo Festival.

Il pomeriggio a Odalengo Grande si conclude con una merenda monferrina messa a disposizione dalla Proloco locale (che non è molto diversa dalla colazione, ma in più qui c’è la famosa frittata di zucchine odalenghese). Il Festival invece si protrae fino alla sera con una festa nel Chiostro di Santa Croce che vede uniti gli organizzatori, i tanti giovanissimi volontari e gli stessi musicisti. Stavolta la musica è quella dei DJ Bobo Jux, Mr. One Drop e Anita, il set è rigorosamente a tema Jazz, Soul e R&B, dischi in vinile e divertimento assicurato.