Ma quanto sono felice di pubblicare questa intervista! Vincenzo De Lillo, autore emergente di “Delirio” (Biplane Edizioni), è uno scrittore che ti tiene incollato al testo, ti fa ridere a crepapelle e riflettere insieme, e quando hai finito di leggerlo ti fa gioire per averlo letto. Ma permettetemi di presentarvelo!

Vincenzo parlaci di te. Dicci, dicci: chi è Vincenzo? Vincenzo De Lillo è un napoletano di 43 anni con la passione per la scrittura, la lettura e la frittura, qui citate in ordine misto. Per portare i carboidrati a tavola fa l’autista in una struttura sanitaria privata napoletana, ed ha due figli, rispettivamente di 10 e 8 anni, entrambi maschi, ed una splendida moglie di cui non svela l’età per delicatezza e per quieto vivere.Alto 1.72, moro, “lievemente ” in sovrappeso, porta gli occhiali e ha abbandonato pettine, gelatina e barbiere, a fine anni 90′. Insomma è calvo ma non se ne fa un cruccio, ormai non più, intendo.

Delirio è il tuo romanzo d’esordio? Sì, Delirio è il mio primo romanzo, ma non posso dire d’esordio, perché non è proprio la mia prima pubblicazione.
Questa è avvenuta nel marzo del 2018, quando pubblicai una raccolta di racconti ironici e surreali con una casa editrice che non voglio nemmeno menzionare perché con loro è finita a schifìo, per usare un un eufemismo.
(Tacci loro)

Perche hai scelto questo nome? Ho scelto questo nome perché tante volte da giovane, a scuola, il mio cognome veniva spesso pronunciato in maniera errata, storpiato a volte per puro errore, a volte per sfottò, da qualche professore simpatico e buontempone: “Delirio, vieni alla lavagna!”
Mi è sempre piaciuto e ho pensato che fosse carino come titolo, anche per richiamare il significato del sostantivo, che dà un po’ l’idea di ciò che succede nel libro.


Come è nata l’ispirazione per questa storia? Era un momento parecchio triste della mia vita, avevo perso il lavoro e mi trovavo a casa tutti i giorni con molto tempo a disposizione. Tra inviare curriculum a destra e a manca, letture e tv, il tempo sembrava non scorrere mai, così provai a scrivere qualcosa che mi impegnasse mente e corpo, divertendomi.
Partii da un personaggio che conobbi da ragazzo, un giovane un po’ stupidotto che dubito sapesse allacciarsi le scarpe ma che conduceva una bella vita campando di rendita grazie a delle case del padre, da cui lui prendeva una percentuale dell’affitto. Mentre, noi conoscenti della stessa età, ci sudavamo la pagnotta lavorando come extra in qualche ristorante, pub o sulla spiaggia. Mi faceva incazzare già a suo tempo, figurarsi in quel momento storico della mia esistenza in cui mi trovai a galleggiare tra disperazione, rabbia e timore del futuro. Immaginai lui, tranquillamente seduto a cazzeggiare davanti ad una consolle fumando e bevendo come un ricco cosacco, provai invidia, e per vendetta lo immaginai in una situazione critica come quella descritta nel libro. Aggiungo che quando mesi dopo trovai un’occupazione il mio “rancore ” nei suoi confronti si affievolì, ma ormai il libro era stato scritto.


Quanti personaggi sono frutto della tua esperienza e quanti inventati di sana pianta? Tanti, tutti i personaggi, anzi, sono la caricatura macchiettistica di persone conosciute nella mia vita, che ho visto in tv, in qualche film al cinema, o serie, tipo Gomorra. Posso dire quindi che sono tutti esistenti nella realtà o nella fiction cinematografica, e che io ho solo calcato la mano sui loro pregi o difetti, creando delle buffe maschere, a volte più che teatrali proprio da cabaret.

Il tuo libro ha uno stile ironico ma ci sono moltissimi spunti di riflessione: i rapporti non sempre facili con i genitori, la solitudine, la ricchezza che stordisce, la mancanza di punti di riferimento e in primis dell’amore. Vuoi dirci di più? L’idea era quella di raccontare una storia divertente, ma, facendolo, non ho potuto fare a meno di toccare certi argomenti che per me sono sacri e basilari come famiglia, lavoro e amore.
Il protagonista alla fine, inconsciamente, è alla ricerca spasmodica di tutte e tre le cose, ma vi giuro, la cosa è arrivata gradualmente, senza che me ne rendessi conto. Gli spunti di riflessione sono quelli da cui parte la mia formazione personale probabilmente.

Quanto ha influito la tua provenienza nella trama? Se fossi stato di una diversa città sarebbe venuto così bene? Boh!? L’essere appartenente ad un popolo considerato dal mondo intero teatrale e forse fumettistico, dico che mi ha aiutato perché non ho idea di come vivano e si comportino i valdostani, i friulani o i siciliani, per dire. Magari se avessi avuto il loro background sociale e culturale il libro sarebbe venuto meglio, chi può dirlo?
Ognuno ha qualcosa da dire, io da partenopeo, l’ho scritto così.

Che messaggio vuoi che trasmetta il tuo libro e cosa ti aspetti da esso?
Voglio che il libro faccia ridere, cioè spero, mi auguro che ci riesca.
Non ha messaggi reconditi o subliminali e non vuole insegnare proprio nulla, è stato scritto per suscitare un sorriso, provocare una risata, forse anche a denti stretti, come la maggior parte delle cose che scrivo.
Sono un buffone, un Pulcinella senza maschera, quello è il mio intento.

Quanto c’è di te in V (il protagonista, ndr) ? Il protagonista, V, è proprio il mio contrario. Ricco, giovane, con i capelli, con la passione per la droga, la vita mondana e le scommesse, ignorante e anche un po’ cretino. Per lo meno spero di non esserlo. Insomma ho cercato di creare un personaggio che fosse proprio agli antipodi del mio essere.

Prevedi un seguito? No. Per ora no. Ho altre idee in testa, un altro romanzo con protagonista sempre un personaggio border line tra l’ingenuità e la stupidità, è già pronto, attende solo la possibilità di vedere la luce (editoriale). Poi ho in cantiere un altro libro di racconti e l’idea di un altro romanzo su cui sto lavorando. V Delirio, per adesso può aspettare, insomma.

Quali sono i tuoi autori preferiti? Stefano Benni, Stephen King, Valerio Massimo Manfredi, Marco Buticchi, Daniel Pennac…citati qui non in ordine di preferenza, perché non riesco a decidere chi di questi e di altri per cui provo tanta ammirazione, mi abbia stregato di più.

Hai la possibilità di vivere un giorno come uno dei tuoi personaggi. Chi scegli e perché? Cesare Settebellezze. Il personaggio creato apposta per mostrare a me stesso le mie mancanze. Una sorta di bello, magro, atletico, forte, sicuro di sé, veloce di pensiero e di azione. Sarebbe bello destreggiarsi nella vita come Cesare, affrontando l’esistenza con il coltello tra i denti pronti a farsi spazio con determinazione se qualcosa dovesse andare storto.
Io non so se ci riuscirò mai.
Sigh.

Grazie Vincenzo! Sono sicura che il tuo nome un giorno…ma non lo diciamo, anzi sì: Vincenzo De Lillo! Un IMMENSO IN BOCCA AL LUPO per tutto! E grazie di aver scritto “DELIRIO” che ricordiamo è edito da BIPLANE EDIZIONI.