Intervista alla Dott.ssa Federica Grosso, a cura di Pier Carlo Lava

Alessandria today: Federica Grosso dal 2010 è medico oncologo presso la Struttura Complessa di Oncologia e dal 2018 è responsabile della SSD mesotelioma (e tumori rari) della Azienda Ospedaliera di Alessandria, l’abbiamo intervistata, ecco le sue risposte alle nostre domande:

Federica Grosso

Ti sei sempre occupata di Tumori rari, cosa sono i tumori rari e perché questa scelta?

Sono definiti rari i tumori di cui si registrano meno di 6 casi su 100.000 abitanti ogni anno. Sono quelli in cui è più difficile fare ricerca, perché gli investimenti da parte delle case farmaceutiche che sviluppano nuovi farmaci sono sempre stati inferiori e gli investimenti per la ricerca meno consistenti. Ho sempre pensato che fosse il campo in cui il contributo della ricerca indipendente fosse più rilevante. 

Soprattutto in passato i pazienti con tumori rari se non avevano la possibilità di accedere a grossi centri di riferimento per il loro tumore rischiavano di avere trattamenti subottimali, proprio perché la loro malattia era meno conosciuta.

Inoltre durante il mio percorso di formazione ho incontrato il Prof Paolo Casali che ai tumori rari ha dedicato la sua vita, ho lavorato con lui all’Istituto NazIonale dei Tumori di Milano subito dopo la specializzazione in oncologia e questo non ha fatto altro che rafforzare la mia passione 

Hai contribuito allo sviluppo del progetto Rete Nazionale Tumori Rari, di cui sei tuttora parte del coordinamento, ci vuoi raccontare di cosa si tratta e quali sono gli obiettivi?

L’idea di creare la Rete Tumori Rari (RTR) è stata appunto del Prof Casali, è nata oramai più di 20 anni fa ed è stato il primo progetto importante a cui mi sono dedicata. La RTR ha l’obiettivo primario di migliorare la qualità dell’assistenza dei pazienti affetti da tumori rari (è nata principalmente per i sarcomi) garantendo omogeneità di trattamento e accesso ai nuovi farmaci indipendentemente dal luogo in cui il paziente ha avuto la diagnosi. È una collaborazione su base volontaria di centri dislocati in tutta Italia che condividono a distanza casi clinici, concordando con i centri di riferimento di patologia i programmi terapeutici dei pazienti, provvedendo alla revisione patologica centralizzata della diagnosi e organizzando per i pazienti che lo necessitano le tappe del percorso terapeutico direttamente nei centri di riferimento.

Federica, tu sei stata responsabile della Unità Funzionale Interaziendale Mesotelioma (UFIM) degli ospedali di Alessandria e di Casale Monferrato, ci vuoi parlare in sintesi di questa esperienza?

UFIM è un progetto nato pochi anni dopo il mio arrivo ad Alessandria. Abbiamo voluto creare un punto di un riferimento costante per i pazienti affetti da mesotelioma che garantisse non solo una presa in carico del paziente e della famiglia a 360 gradi ma anche l’attivazione di studi clinici con farmaci innovativi e un collegamento con gli istituti di ricerca regionali, nazionali e internazionali. Una unità in cui la cura della malattia fosse strettamente legata alla cura della persona, intesa non solo come controllo dei sintomi della malattia ma anche come supporto psicologico per il paziente e tutta la famiglia. E ovviamente l’accesso a tutti i trattamenti innovativi disponibili, con eventuale riferimento in altri centri qualora non fosse possibile effettuare quei trattamenti in sede. Con la dr.ssa Daniela Degiovanni sempre al mio fianco abbiamo fatto tutto il possibile per realizzare gli obiettivi che ci eravamo date e, grazie anche ai professionisti che ci hanno affiancate e che hanno creduto come noi nel progetto, penso che questo modello sia stato realizzato

Mesotelioma e asbestosi sono le drammatiche malattie di chi è venuto a contatto con le fibre d’amianto cioè l’Eternit, quali sono le conseguenze, le terapie odierne e l’esito nei pazienti colpiti da queste due patologie?

L’asbestosi oggi è più rara, la vediamo molto meno e soprattutto nelle persone più anziane, irrigidisce il polmone e compromette la capacità respiratoria. Non ci sono cure specifiche ma solo sintomatiche. Il mesotelioma purtroppo è ancora oggi un tumore per cui le guarigioni sono aneddotiche. Certo ci sono nuovi farmaci, la ricerca è oggi più vivace e si è riusciti ad ottenere un aumento della sopravvivenza, ma non è certamente ancora abbastanza.

Bisogna lavorare molto, insieme, se possibile mettendo da parte le rivalità personali che non aiutano nessuno.

Nella nostra provincia da quando si sono registrati i dati quante persone sono decedute per il Mesostelioma? Solo a Casale oltre 3000 vittime e se consideriamo la provincia arriviamo a oltre 5000. Numeri importanti. Ogni anno, solo  a Casale abbiamo circa 50 nuovi casi. Questo mi spinge ancora di più ad impegnarmi nel mio lavoro: il mio sogno è vedere diminuire questo numero e soprattutto poter disporre di cure sempre più efficaci. 

Ti occupi di sviluppare presso l’Azienda Ospedaliera la ricerca clinica che permette di disporre di farmaci e strategie terapeutiche innovative, a che punto siamo? 

Da quando sono arrivata ad Alessandria, il mio sogno è stato quello di rafforzare la ricerca clinica e traslazionale sui tumori da amianto. Ho avuto la fortuna di incontrare il dr Antonio Maconi che proprio in quegli anni era diventato responsabile della struttura sviluppo e promozione scientifica, precursore di quella che oggi è L’ Infrastruttura Ricerca Formazione Innovazione (IRFI). È stato creato un Clinical Trial Center coordinato dalla dr.ssa Marinella Bertolotti e con la dr.ssa Annalisa Roveta abbiamo iniziato ad attivare i primi studi sul mesotelioma. In Azienda abbiamo una grandissima risorsa che è la Biobanca del Mesotelioma, preziosa eredità del dr Pier Giacomo Betta. Abbiamo lavorato con impegno e passione e siamo riusciti a far crescere la struttura e la ricerca grazie anche ad altri progetti  in altri ambiti (ematologico, cardiologico, di chirurgia pediatrica e robotica) e oggi siamo tutti impegnati a centrare l’obiettivo di avere qui in provincia un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) sulle patologie ambientali e SUL mesotelioma. La strada è ancora lunga, ma stiamo lavorando con dedizione e impegno, coesi e concentrati e sono fiduciosa che grazie alla collaborazione con l’Universita del Piemonte Orientale, con l’ASL e con il Centro Amianto riusciremo a realizzare anche questo progetto. 

Dal 2018 sei direttore della Struttura Mesotelioma Melanoma e tumori rari, come è organizzata e come opera questa struttura?

Si, mi sento molto fortunata, il mio impegno in questo settore è stato riconosciuto dalla Regione e dalla Azienda Ospedaliera ed è stata creata una struttura oncologica dedicata al mesotelioma (che opera anche a Casale nell’ASL), al melanoma e ai tumori rari, quelli di cui mi sono sempre occupata. Siamo in 4 dottoresse (oltre a me Antonella De Angelis, Sara Delfanti e Michela Lia, tutte donne appassionate del priorio lavoro), e inoltre ci aiutano due coordinatrici della ricerca che lavorano nella Infrastruttura del dr Maconi, Stefania Crivellari e Francesca Ugo. 

Federica e Stefania

L’obiettivo è quello di avere nel nostro quadrante un riferimento per i pazienti con tumori rari. Non siamo completamente autosufficienti nella gestione, soprattutto per alcune tappe terapeutiche (ad esempio chirurgie specifiche o radioterapia con particelle pesanti o terapie combinate particolarmente complesse) ma siamo in contatto con i centri di riferimento dove vengono effettuate prestazioni iper specialistiche e ci integriamo con questi per offrire il meglio ai nostri pazienti.

Sei relatrice in numerosi congressi nazionali e internazionali, membro di 5 società scientifiche oncologiche, estensore delle linee guida della Associazione Italiana di Oncologia Medica sul mesotelioma pleurico, consulente della associazione Famigliari e Vittime dell’Amianto (AFEVA) e coordinatrice del progetto MAIDASOLI, sito informativo dedicato ai pazienti affetti da mesotelioma pleurico, ce ne vuoi parlare?

Partecipare alla attività scientifica sul mesotelioma e in generale in campo oncologico è parte integrante del lavoro: solo rimanendo costantemente aggiornati e confrontandosi con gli altri colleghi durante i congressi si può offrire il meglio ai pazienti. Ma la cosa che più mi sta a cuore è fare in modo che i pazienti e i loro famigliari possano essere parte attiva della cura. Un paziente adeguatamente informato aderisce meglio alle indicazioni ed è più attento anche a riferire gli effetti collaterali delle cure. Per questo motivo mi sono sempre impegnata a “tradurre” in termini semplici i risultati della ricerca scientifica e questo è ciò che abbiamo cercato di fare nel sito MAIDASOLI che è nato grazie al supporto di Fondazione Buzzi. CI tengo a ricordarlo perché Fondazione Buzzi ha molto appoggiato le nostre iniziative in questi anni e ci ha permesso di concretizzare progetti importanti. Per quanto riguarda AFEVA è stato abbastanza fisiologico collaborare con loro, rappresentano la parte lesa, sono riconosciuti in tutto il mondo per le loro iniziative di lotta all’amianto. È un onore per me poter essere loro diretto interlocutore. 

Sei anche (co)autrice di oltre 60 pubblicazioni su riviste censite da Medline (database internazionale di bibliografia medica), prevalentemente sui tumori rari, ce ne vuoi parlare?

Quasi tutte le ricerche esitano in una pubblicazione scientifica, in cui vengono comunicati i risultati, siano essi positivi o negativi. È il modo per fare andare avanti la ricerca, la base del confronto costruttivo. Ci vuole molto tempo e molto impegno per scrivere una pubblicazione scientifica e non è una attività che venga riconosciuta tra le mansioni del medico quindi spesso lo si fa nel cosiddetto “tempo libero”, ma da grandissime soddisfazioni e inoltre è la base per essere riconosciuti come Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico.

Coro

Ti occupi infine di iniziative di umanizzazione della cura come i vari concerti organizzati in cui hanno cantato i pazienti, un’altra importante esperienza sotto il profilo umano, quali risultati ha comportato?

Uno degli aspetti più difficili e più gratificanti della professione è per me il rapporto con il paziente. Fare l’oncologo è un lavoro pesante dal punto di vista psicologico e si rischia davvero di essere sopraffatti dagli insuccessi e di demoralizzarsi e perdere la passione. Il rapporto coN IL paziente è centrale per la nostra professione, non si finisce mai di imparare. Con una delle mie collaboratrici, La dottoressa Stefania Crivellari, che per me è SuperSte perché ha infinite risorse, abbiamo ideato il concerto “SULLE NOTE DELLA RICERCA”, di cui sono già state fatte due edizioni, in cui tra L’altro suonano anche gruppi in cui ci sono nostri pazienti. L’obiettivo non è solo raccogliere fondi ma creare dei momenti comuni in cui cerchiamo di divertirci tutti insieme, ascoltando musica e anche cantando. SuperSte ha creato il coro dei pazienti, si chiama FuckCancer Choir, e le prove e gli spettacoli sono momenti catartici per tutti. È un impegno grande ma ci teniamo moltissimo e vogliamo vederlo crescere e sogniamo un giorno di coinvolgere personaggi famosi che cantino insieme a noi!