AntonellaViola, Immunologa. Un buon giorno per la scienza

Alcuni anni fa, a Bruxelles, ero a cena con alcuni miei colleghi – la cena conclusiva della nostra attività di valutazione dei progetti europei di eccellenza del Consiglio Europeo delle Ricerche. Discutemmo, come sempre, di scienza e politica, della situazione dei singoli paesi, e ci salutammo con un po’ di preoccupazione, dicendoci: “Ci pensate che la prossima volta che ci troveremo a questo tavolo il mondo potrebbe essere drasticamente cambiato? In UK potrebbe essere passata la Brexit e negli USA potrebbe aver vinto TRUMP”. Scuotemmo la testa come per allontanare uno scenario così disastroso, confidando nella razionalità umana. Inutile dire che, quando ci ritrovammo a quel tavolo, le cose erano andate nel modo peggiore. 

Qualcuno ora dirà che uno scienziato deve tenersi fuori dalla politica, che scienza e politica non si devono contaminare. Eppure, vi assicuro, che non è così: così come la scienza ha un forte impatto sulla società tutta e può aiutare la politica ad avere quella visione a lungo termine e quell’approccio razionale all’analisi dei fatti che tanto le servirebbero, allo stesso modo la politica influenza pesantemente la ricerca scientifica. 

La rivoluzione copernicana, per esempio, poté compiersi appieno solo in concomitanza con l’indebolimento delle pretese della Chiesa di Roma di esercitare un monopolio in campo conoscitivo, grazie al delinearsi di embrioni di borghesia commerciale e al rafforzamento del ruolo degli scienziati. E l’ambito culturale/politico può non solo stimolare la ricerca ma anche deviarla. Il peso di un potere totalitario può spingere a sviluppare elementi scientifici che sono funzionali all’ideologia del regime, come nel caso della cosiddetta ‘scienza delle razze’ incentivata dal nazismo. 

Ecco perché oggi tutto il mondo scientifico festeggia il nuovo Presidente degli USA: non per l’appartenenza ad uno o all’altro schieramento politico, ma per i danni enormi che Trump ha causato alla scienza. Dal cambiamento climatico alle politiche ambientali, dalla mascherina alle terapie per COVID-19, Trump ha costantemente ignorato, denigrato, ridicolizzato la scienza. Lo ha fatto con le scelte politiche, con le azioni personali, con le stupidaggini su Twitter. Ha portato avanti, in questi anni, un attacco metodico al suo più grande nemico: la razionalità. Perché è proprio la capacità di lucida analisi dei fatti che ha sempre fatto paura a tutti i politicanti, dittatori, millantatori della storia dell’umanità. 

Vi è un rapporto stretto di parentela – scrive lo storico della scienza Needham – fra la mentalità scientifica e quella democratica. In entrambi i casi vi è uno scetticismo di fondo: quello dello sperimentatore, che si rispecchia nello scetticismo dell’elettore. “Esaminare attentamente i dati disponibili, decidere da soli l’obiettivo che si intende perseguire, valutare i fatti da diversi punti di vista, sono caratteristiche tanto dello scienziato che si applica all’indagine della natura, quanto del cittadino democratico che partecipa alla gestione dello Stato”. 

La scienza, fondata sulla razionalità, è incompatibile con i richiami irrazionali dell’autoritarismo o del populismo.

Ci sarà tanto lavoro da fare per recuperare i danni provocati da Trump alla scienza. E, in questo momento, tempo non ne abbiamo.  Le emergenze sanitaria e ambientale richiedono azioni immediate, azioni che nel mondo democratico devono basarsi sul consenso. L’augurio, quindi, al nuovo Presidente Biden è di riuscire a ristabilire subito la fiducia dei cittadini americani nella scienza, per poter trovare quel consenso necessario a proteggere le nostre vite e il nostro pianeta.