Ho toccato l’Infinito, di Leonardo Migliore

Leonardo Migliore

Sai papà,

ti amo più della mia vita.

I lunghi capelli della notte

ti hanno nascosto una sventura che c’è venuta in sorte.

È una pandemia dovuta a un virus

che ogni giorno miete vittime.

Penso assiduamente alla morte

e il mio cuore non si spaura,

come un cielo che non s’oscura

quando la luna apre le sue porte.

Ho fatto uno strano sogno:

io e mamma avevamo impellenza di essere ricoverati in terapia intensiva, un solo posto disponibile. Polmonite interstiziale.

Gli occhi di mamma, solcati da sottili rughe,

si spegnevano ammirandomi.

Vi lessi, con pietà, il suo infinito amore per me,

il fardello degli anni, i sacrifici e i tormenti silenti,

il desiderio di raggiungerti.

.

In corsia, tutti pronti: <<Salvate il giovane!>>.

Non potevo permetterlo…

Ricordai che ci dicevi spesso:

QUANDO IO MORIRÒ LA VOSTRA VITA SUBIRÀ INIZIALMENTE UNO SCOSSONE E DOPO RIPARTIRÀ; SE VERRÀ A MANCARE VOSTRA MADRE SARÀ MOLTO PIÙ DIFFICILE.

Eri in torto!

Pensai a mio fratello e a mia cognata,

all’opportunità che dessero un nipote 

a quell’angelo di mamma tanto prostrata 

sotto i miei occhi ancora vigili.

Ci separava una parete, 

erano all’esterno dell’ospedale da campo

ed era come se la nostra distanza fosse incolmabile,

dietro lo schermo di uno smartphone.

In un attimo colsi il senso ultimo della mia esistenza:

“fare della vita un dono d’amore.”

La mia mamma bella doveva vivere,

spettava a me morire.

Stabilii con medici e paramedici che fosse così.

Spiegai alla mia anziana mamma che non avevo paura.

Citando Manzoni, ripetei: <<Dio perdona tante cose, per una sola opera di misericordia!>>.

Aggiunsi, con fermezza e la frenesia di scatti di coltello: <<È la mia unica opportunità per avere l’anima salva e raggiungere papà; ti aspetteremo, ma l’olio della tua fiamma deve bruciare ancora e vegliare la presenza del Santissimo Sacramento nel tabernacolo>>. 

<<Lo devi fare, lo pretendo!>> 

<<Hai un altro figlio e una nuora!>> 

<<Avrai dei nipotini che ti adoreranno e nel tuo sguardo ritornerà la gioia!>>

Ci abbracciammo e ci amammo intensamente come non era mai accaduto,

il mio volto duro come la pietra per trasmettere sicurezza, 

il mio cuore in frantumi perché ero in procinto di abbandonarla.

Sistemarono mia madre, che poco dopo s’assopì per la febbre.

Chiamai mio fratello e, col filo di voce che riuscii a tirare fuori, 

gli dissi di proteggere il nostro tesoro più caro. 

Lo salutai indirizzandogli un accenno di bacio. 

Il cellulare scivolò per terra fra le mie gambe.

.

Stavo morendo e prima che accadesse,

in uno stato di evidente ottundimento della mente, 

ti cercai, caro papà.

Più ti cercavo più ti allontanavi.

Cadendo in deliquio, 

rovinai dentro il loculo nel quale ti hanno deposto.

Non mi arresi e, come un insetto saprofago, 

mangiai i tuoi resti in decomposizione.

Avevo in bocca il sapore dell’amore paterno 

e il macabro protrarsi della mia avidità, 

fra i brividi di freddo che spolpavano il mio corpo, 

mi restituiva il tuo calore. 

Al prete, che giunse per somministrarmi l’estrema unzione,

esternai solo un grande sorriso, 

un arcobaleno rivolto fuori dal tempo, 

e giacqui cadavere.

.

La mia amata mamma guarì dal Covid-19 

e nel giorno di San Michele Arcangelo, onomastico del mio papà, strinse fra le mani un nipote che chiamarono Leonardo.

Cullava amorevolmente il neonato

e, sovente, quando pronunciava il suo nome,

vagava, su una piccola nave a vela, dolcemente verso il tramonto

per poi approdare placidamente a riva, con assoluta esattezza, 

sempre nello stesso punto, 

lì dove un fiume acceso di rosso le fu diletto figlio.