AMICIZIA , di Vincenzo Cardarelli, recensione di Elvio Bombonato
Noi non ci conosciamo. Penso ai giorni
che, perduti nel tempo, c’incontrammo,
alla nostra incresciosa intimità.
Ci siamo sempre lasciati
senza salutarci,
con pentimenti e scuse da lontano.
Ci siam rispettati al passo,
bestie caute,
cacciatori affinati,
a sostenere faticosamente
la nostra parte di estranei.
Ritrosie disperanti,
pause vertiginose e insormontabili,
dicevan, nelle nostre confidenze,
il contatto evitato e il vano incanto.
Qualcosa ci è sempre rimasto,
amaro vanto
di non ceduto ai nostri abbandoni,
qualcosa ci è sempre mancato.
VINCENZO CARDARELLI (1887-1959)
Un altro poeta dimenticato da recuperare, autore di un piccolo canzoniere di sole 76 poesie, molte brevi. Questa lirica ha un andamento ragionativo: la riflessione su una storia d’amore, finita a causa della ritrosia reciproca. Registro elevato, astratto, con troncamenti, anafore, assonanze, un ossimoro (amaro vanto). L’”incresciosa intimità” e il “contatto evitato” sono temi di Nietzsche (Zarathustra), dopo la disastrosa conclusione del suo rapporto con Lou Salomè: la separazione salutare, per raggiungere una superiore solitudine. Cleia Martignoni ricorda una frase di C. “ho accostato l’amore…sapendomi guardare dalle intimità che mortificano”. Invero il senso della poesia è il rimpianto per la perdita, provocata dall’incapacità reciproca di lasciarsi andare; dal “non aver “ceduto ai nostri abbandoni”; dall’alienazione “la nostra parte di estranei”, “ritrosie disperanti, pause vertiginose e insormontabili”. Molti lettori – come me – si identificheranno in questa situazione, senza ritorno.