FAME NEL MONDO TRA SPRECHI E POVERTÀ

(di Eduardo Terrana)

Sprechiamo sempre più cibo. Gli ultimi dati rilevano che lo spreco alimentare è in aumento costante, nonostante le numerose campagne di sensibilizzazione e la ricorrenza annuale della ”Giornata Mondiale contro lo Spreco Alimentare”, Il fenomeno si manifesta con maggiore incidenza in tutti i paesi industrializzati. La Fao, nel 2019, ha rilevato che ogni anno vengono mandate al macero ben 1.3 miliardi di tonnellate di cibo ancora commestibile, che sarebbero sufficienti a garantire due pasti al giorno agli oltre 821 milioni di persone che purtroppo non hanno accesso a risorse nutritive adeguate.
Lo studio della FAO, intitolato “Global Food Losses and Food Waste” (Perdite e spreco alimentare a livello mondiale), mette in risalto più precisamente, che i paesi industrializzati ed i paesi in via di sviluppo sperperano, rispettivamente, 670 e 630 milioni di tonnellate di cibo ogni anno.
Un quadro desolante che appare peraltro sottostimato e che contrasta con la tragica realtà della diffusa povertà presente sul pianeta che, anno dopo anno, aumenta sempre di più e su cui incidono, oltre allo spreco di cibo, vari fattori quali: la mancanza di adeguati investimenti nel settore dell’agricoltura; le condizioni climatiche; le guerre e conflitti; l’instabilità dei mercati; il forte indebitamento economico, che grava pesantemente sulle economie dei paesi poveri e incide sulle loro speranze di riscatto, di crescita e di futuro. Un debito che, di anno in anno, si accresce e che difficilmente potrà essere estinto, facendo segnare una costante crescita negativa. E le speranze di miglioramento di quei paesi si riducono sempre di più.
Lo spreco di cibo, però, merita una particolare attenzione e va tenuto sotto controllo. Nella sola Europa lo spreco di cibo procapite è pari a 180 chili di cibo, pari a circa 90 tonnellate di cibo in totale. I paesi occidentali sprecano una quantità di cibo ogni anno che è pari all’intera produzione alimentare dell’Africa sub sahariana.
E non può non farsi a questo punto una amara considerazione ovvero per ogni persona denutrita nei paesi poveri, ce ne sono due obese o in sovrappeso nei paesi industrializzati.
Nei Paesi del sud del mondo un bambino su sei è sottopeso, ma in totale lo sono cento milioni di bambini.
Ogni anno circa tre milioni di bambini muoiono a causa della scarsa alimentazione. Oltre 66 milioni di bambini ogni giorno seguono le lezioni scolastiche a stomaco vuoto.
Certamente ridurre lo spreco di cibo non risolverebbe il problema della fame nel mondo, ma sarebbe una delle soluzioni più determinanti che concorrerebbe a salvare tanti bambini.
È questa una considerazione che non può passare sotto silenzio e che deve far riflettere, anche perché assistiamo al sostanziale fallimento di uno degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (OSM) delle Nazioni Unite, che prevedeva la riduzione di due terzi del tasso di mortalità infantile al di sotto dei 5 anni tra il 1990 e il 2015. Seppur innegabili miglioramenti si sono registrati, negli anni ancora oggi, cinque anni dopo la data di scadenza del 2015, duole rilevare che la sopravvivenza dei bambini in alcuni paesi del mondo è ancora appesa a un filo e condizionata sempre più dall’accesso e disponibilità di cibo. I dati più recenti dicono che ancora oggi 6,9 milioni di bambini muoiono prima di compiere i 5 anni, 1 su 3 a causa della malnutrizione, e che ogni ora del giorno, nel mondo, muoiono circa 240 bambini a causa di una scarsa e non adeguata alimentazione.
Le politiche d’intervento avviate dall’ONU, in questi ultimi 20 anni, per salvare i bambini dalla malnutrizione non hanno raggiunto lo scopo sperato, tant’è che la malnutrizione è diminuita annualmente solo dello 0,65% all’anno. Anche se il tasso di malnutrizione si è abbassato dal 1990 al 2010 dal 40% al 27% con una diminuzione dei bambini malnutriti nel mondo da 253 milioni a 171 milioni, in Africa si è avuta solo una riduzione del 2% mentre, per effetto della crescita demografica, il numero di bambini malnutriti è aumentato di 15 milioni, raggiungendo il numero totale di 60 milioni. Sempre in Africa, più di 13 milioni di persone in tutto il Corno d’Africa e 18 milioni nell’area del Sahel sono in condizione di insicurezza alimentare. L’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e dei carburanti, però, sta coinvolgendo anche altre aree del mondo. Attualmente circa 89 milioni di bambini sotto i 5 anni non hanno risorse adeguate per affrontare l’insicurezza alimentare e necessitano di aiuto e interventi. La mappa della fame comprende 35 Paesi, 28 dei quali in Africa: Burkina Faso, Chad, Gambia, Mali, Mauritania, Niger, Zimbabwe, Djibouti, Eritrea, Liberia, Sierra Leone, Burundi, Camerun, Repubblica Centro-Africana, Congo, Costa d’Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Guinea, Kenya, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mozambico, Senegal, Somalia, Sud Sudan, Sudan; 6 in Asia: Iraq, Corea del Nord, Yemen, Afghanistan, Kyrgyzstan, Siria; uno in America Latina: Haiti. Inoltre sono paesi a forte rischio di insicurezza alimentare e con tassi di mortalità infantile molto elevata, la Sierra Leone, la Somalia, il Mali, il Chad, la Repubblica Democratica del Congo, la Repubblica Centro-Africana, il Burkina Faso, il Burundi.
La situazione poi permane allarmante in Mozambico, Mali, Burkina Faso, Niger, Nepal, India. In siffatto contesto un fattore decisivo delle principali cause della malnutrizione è costituito dalla povertà presente in tutta l’area geografica del sottosviluppo, dove le famiglie vivono condizioni di estrema indigenza e non riescono ad acquistare cibo nutriente per l’alimentazione dei propri figli.
Se non si inverte questa tendenza, entro il 2030 il numero di bambini malnutriti
potrebbe arrivare a 450 milioni.
Sarebbe una tragedia umanitaria dalle conseguenze non immaginabili.
Basterebbe da solo questo dato a indurre quanti fanno spreco di cibo ad una più oculata gestione del consumo alimentare.

Eduardo Terrana
Conferenziere internazionale su diritti umani e pace.
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