Micla esce dalla doccia e si guarda allo specchio: urge attacco veloce alla copertina adiposa che la ricopre. Scende e dice al Santissimo che deve camminare. Quello non aspetta altro, si prepara e la guida per i sentieri del Monte di Santa Veneranda. Dopo la pioggia sono tutti immaltati. “Forse”, pensa, “sono vestita troppo bene”. Costeggiano l’autostrada e si inerpicano oltre le proprietà private, tra alberi spogli e rami secchi, spini e bacche. Micla non può guardarsi intorno, deve evitare di affondare nelle sabbie mobili mentre il Santissimo sa esattamente come evitarle. Evitando le strade asfaltate perché troppo facili, dice lui, salgono nella speranza di non incrociare cani randagi o Mountain-bike impazzite. Micla sarebbe il piatto appetitoso, il Santissimo al massimo va bene come stuzzicadenti.
Si ritrovano sotto un bosco di pini silvestri e scoprono di aver raggiunto il Pignocco, ovvero la casa dei sogni di Micla. Sentendosi due infingardi tornano indietro fino alle antenne della luce e il Santissimo si emoziona davanti alla vecchia pista da bob su cui si lanciava da bambino quando la scuola chiudeva per neve. Un drone li segue a distanza e Micla scivola. Il drone capisce che c’è da divertirsi e non la molla. Micla tiene duro e il drone sbruffa, mette fretta, poi saluta e sparisce. Il piede di Micla slitta, l’altro parte per la tangente e il culo centra la fossa di fango. Il Santissimo ride e Micla non lo uccide solo perché non si è fatta male.

Michela Santini

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