(14 novembre 1898 – Auschwitz, 2 ottobre 1944) è stato un filosofo e scrittore rumeno di origine ebraica, vittima dell’Olocausto.

BENJAMINE FONDANE -1898-1944 morto ad Auschwitz nella camera a gas

È a voi che parlo, uomini degli antipodi,
parlo da uomo a uomo,
con il poco che in me rimane dell’uomo,
con il poco di voce che mi rimane in gola,
il mio sangue è sulle strade, possa esso, possa esso
non gridare vendetta!
L’hallali è dato, le bestie sono braccate,
lasciate che vi parli con queste stesse parole
che condividemmo –
resta poco di intelligibile!
Un giorno verrà, è sicuro, in cui la sete sarà placata,
noi saremo al di là del ricordo, la morte
avrà ultimato i lavori dell’odio.
Io sarò un ciuffo di ortica sotto i vostri piedi,

  • ebbene, allora sappiate che avevo un viso
    come voi. Una bocca che pregava, come voi.
    Quando la polvere, o anche un sogno, entrava
    nell’occhio, questo occhio piangeva un po’di sale. E quando
    una spina cattiva graffiava la mia pelle,
    colava un sangue rosso come il vostro!
    Certo, proprio come voi ero crudele, avevo
    Sete di tenerezza, di potenza,
    d’oro, di piacere e di dolore.
    Proprio come voi ero cattivo e angosciato
    solido nella pace, euforico nella vittoria,
    e titubante, stravolto, nell’ora dello scacco!
    Sì, sono stato un uomo come gli altri uomini,
    nutrito di pane, di sogno, di disperazione. Eh sì,
    ho amato, ho pianto, ho odiato, ho sofferto,
    ho comprato dei fiori e non ho sempre
    pagato la mia rata. La domenica andavo in campagna
    a pescare, sotto lo sguardo di Dio, dei pesci irreali,
    facevo il bagno nel fiume
    che cantava fra i giunchi e mangiavo delle patatine fritte
    la sera. Dopo, dopo rientravo a coricarmi
    stanco, il cuore lasso e pieno di solitudine,
    pieno di pietà per me,
    pieno di pietà per l’uomo,
    cercando, cercando invano in un grembo di donna
    questa pace impossibile che abbiamo perso
    un attimo fa, in un grande frutteto in cui cresceva,
    al centro, l’albero della vita…
    Eppure, no!
    Non ero un uomo come voi.
    Non siete nati sulle strade,
    nessuno ha gettato nella fogna i vostri piccoli
    come gatti ancora senz’occhi,
    non avete errato di città in città
    braccati dalle polizie,
    non avete conosciuto le catastrofi all’alba,
    i carri bestiame
    e il singhiozzo amaro dell’umiliazione,
    accusati di un delitto che non avete compiuto,
    di un assassinio di cui manca ancora il cadavere,
    cambiando nome e volto,
    per non portar con sé un nome schernito,
    un volto che aveva servito a tutti
    da sputacchiera!
    Verrà un giorno, senza dubbio, in cui il poema letto
    Si troverà davanti ai vostri occhi. Esso non domanda
    Niente! Dimenticatelo, dimenticatelo! Non è
    Che un grido, che non si può mettere in un poema
    Perfetto, avevo forse il tempo di finirlo?
    Ma quando calpesterete quel ciuffo di ortiche
    Che fui io, in un altro secolo,
    in una storia che per voi sarà desueta,
    ricordatevi solo che ero innocente
    e che, come voi, mortali di quel giorno,
    avevo avuto, anch’io, un volto segnato
    dalla collera, dalla pietà e dalla gioia,
    un volto d’uomo, semplicemente!