Amore è solo la chiave che ci apre le porte della nostra vita emotiva di cui ci illudiamo di avere il controllo, mentre essa, ingannando la nostra illusione, ci porta per vie e devianze dove, a nostra insaputa, scorre, in modo tortuoso e contraddittorio, la vitalità della nostra esistenza. […]

L’amore si nutre di novità, di mistero e di pericolo e ha come suoi nemici il tempo, la quotidianità e la familiarità. Nasce dall’idealizzazione della persona amata di cui ci innamoriamo per un incantesimo della fantasia, ma poi il tempo, che gioca a favore della realtà, produce il disincanto e tramuta l’amore in un affetto privo di passione o nell’amarezza della disillusione.


Brano selezionato da “Le cose dell’amore” di Umberto Galimberti, Feltrinelli – 2004

Ho sempre creduto che l’amore non fosse quell’ideale prodotto dalla nostra mente, figlio delle favole con cui siamo cresciuti tutti, prima delle scoperte psicologiche e neurologiche. Non si può obbligare nessuna mente a provare lo stesso grado di complicità vita natural durante: è una recrudescenza lasciataci da Cenerentola, o giù di là.

Certamente non si negano il desiderio, né l’affetto, ma c’è sempre una tempistica, per ogni stagione della nostra vita: quello che abbiamo creduto da quindicenni, infondo, risponde alle stesse consapevolezze che ci vedono maturati oggi? La quotidianità ed il tempo non remano a favore dell’innamoramento che, pure, proviamo e ci investe: la specie ha una garanzia di continuità.

Il disincanto ha tramutato anche il mio amore in un affetto immenso, fraterno. Tuttavia mi sono presa la responsabilità di dirlo, con onestà, a costo di sembrare la colpevole, quella rea, quella che avanzava da sola. E – diciamolo – ognuno dovrebbe avanzare per sé, senza ipotecare la vita altrui perché è già impossibile poter ipotecare la propria.




@lementelettriche – di Paola Cingolani