Vicina agli occhi e ai capelli sciolti
sopra la fronte, tu piccola luce,
distratta arrossi le mie carte.
Adolescente ardevo fino a notte
col tuo smunto chiarore, ed era strano
udire il vento e gl’isolati grilli.
Allora, nelle stanze, smemorati
dormivano i parenti, e mio fratello
oltre un sottile muro era disteso.
Ora dove egli sia tu, rossa luce,
non dici, eppure illumini; e sospira
per le campagne inanimate il grillo;
e mia madre si pettina allo specchio,
usanza antica come la tua luce,
pensando a quel suo figlio senza vita.

PIER PAOLO PASOLINI 1954 ‘Diario’

Strofa unica, di 15 endecasillabi piani, raggruppati in 5 terzine, anomale perché senza la rima. Si tratta di un interno famigliare, prima della tragedia. Pasolini si rivolge alla luce della lampada, interrompendo lo studio. La seconda parte ripete la prima, però Guido non c’è – l’immagine finale forte della madre che si pettina – preparata dal crescendo della descrizione -, è indimenticabile. La lirica è tramata da tre contrapposizioni. Quella temporale: i tempi dei verbi, il momento in cui P. scrive, e il passato, quando il fratello era vivo: presente e imperfetto indicativo. La seconda contrapposizione è quella tra la natura e il sentimento umano: gli oggetti e la natura sono imperturbabili, mentre gli uomini soffrono e si trasformano mediante la sofferenza. La terza contrapposizione è l’uso della luce: quella della lampada indifferente, mentre la luce della verità – come e perché è morto Guido? – non si può ottenere; la lampada non serve per illuminare, spiegare una morte assurda.