L’abbiamo già vissuta e l’abbiamo già aspramente commentata l’idea, stavolta data come proposta del Presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi, di prolungare il calendario scolastico fino al 30 giugno per recuperare il tempo perso con la didattica a distanza. E’ una sciocchezza, nel metodo e nel merito. Intanto perché il calendario scolastico è appannaggio delle regioni, sarebbe una grave forzatura da parte del governo. Secondariamente perché significherebbe sminuire il lavoro che i docenti hanno fatto e stanno facendo in questi mesi fra mille difficoltà e povertà di mezzi (logistici, per lo più). Il commento di Maddalena Gissi (CISL Scuola) è condivisibile e lapidario: “Significherebbe dire che con la DaD finora si è giocato!” Non sono ovviamente questi i problemi, non è prolungando di 3 settimane che si recupera quel tessuto umano e sociale che la chiusura forzata di scuole e regioni ha portato ai milioni di ragazzi che da febbraio (quasi un anno) hanno vissuto la scuola per pochi giorni, e male. Non è cioè una questione di tempo: gli insegnanti ognuno a suo modo e secondo le possibilità date ha mantenuto un filo diretto con i suoi alunni. E’ una questione di paradigma sociale: si è persa la condivisione fisica degli affetti, la partecipazione fisica alla vita comune, il rischio fisico di occupare gli stessi spazi degli altri, la necessità fisica di trovare una propria dimensione insieme agli altri, con gli altri e perfino per gli altri. Chi dice che per risolvere i problemi degli alunni va allungato il calendario scolastico non conosce la scuola: bisogna lavorare sulle infrastrutture, sulla logistica, sui trasporti, bisogna mettere davvero la scuola al centro di un progetto Paese e investire sulle strutture, sugli edifici, sugli insegnanti (reclutamento, formazione, ruolo sociale). Il resto è inutile propaganda.

MASSIMILIANO DE CONCA