Carlo Pace nasce nel 1937 ad Alessandria.

Si è accostato precocemente all’arte, in età di 15 anni, per inclinazione naturale. Pace ha stabilito rapporti con la cultura del ‘900 alessandrino e nazionale, nonché con i principali movimenti d’avanguardia: Spazialismo (Lucio Fontana era amico di famiglia), MAC, Astrattismo geometrico, Informale. La sua formazione iniziale è stata anche positivamente influenzata dalla presenza di Germano Buzzi, medico, pittore, scultore, collezionista, che ha agito da elemento catalizzatore. Nel 1961 è presente in una collettiva ad Alessandria, galleria La Maggiolina, e nel 1962, a Venezia, galleria Il Traghetto. Dopo il 1962 si osserva un’attenzione mirata e spiccata per la pittura, pittura più che per l’elemento materico in sé e per sé, intrinsecamente espressivo.

C’è il tentativo di recuperare l’immagine femminile: con figure fortemente strutturate secòndo una sintassi geometrizzante riferibile al cubismo o al post-cubismo. Gli anni ’70 sono l’epoca del maggior interesse per il dada storico, per il neo-dada, per la pop-art, per l’arte povera, nello spirito del concettualismo.

Pace utilizza materiali vari di recupero: cartone ondulato, scatole da imballo, elementi metallici, legni, spartiti musicali, vecchie cornici, rotoli di carta crespa policromi, carte, carte assorbenti. Le opere degli anni ’80, sempre caratterizzate ‘dall’inquietudine, dalla ricerca, pervengono gradualmente all’acquisizione di un linguaggio che si appella al silenzio, una sorta di grafismo corrispondente alla visualizzazione di un suono, Fonemi. Negli anni ’90 il percorso artistico di Pace si arricchisce di una pittura-non pittura, non significante ma autosignificante che non rinnega i presupposti informali: sono forme in fieri, in cerca di aggregazione e di estrinsecazione. Dal 2000 Pacesi impegna prevalentemente alla realizzazione di un polittico composto da grandi tele verticali tradizionalmente dipinte e campite di colore che vibrano di segni e di colature che animano le superfici cromatiche. Il poiittico è teoricamente infinito, aperto cioè alla possibilità di eventuali e progressive aggiunte. Sono opere assolutamente libere che testimoniano come il binomio arte e anarchia, inteso come libertà di vivere, pensare, creare, senza accettare condizionamenti, sia l’essenza stessa dell’arte che per Carletto, solitario, imploso, saturnino, ipocondriaco, non è un alibi, un balsamo, una taumaturgia, bensì una condizione non rinunciabile dell’esistere, la ricerca di una giustificazione dell’ esserci.

Mostre personali (selezione): 1968 Alessandria, galleria La Maggiolina 1970 Novara, galleria La Cruna 1972 Bergamo, Galleria Il Carruggio Arona ( No), galleria Arona 1973 Como, galleria Il Salotto 1974 Sanremo (lm), galleria Matuzia Vittoria (Ra), Arte Club Vittoria 1976 Bologna, galleria Il Cortile 1981 Serravalle Scrivia (AI), Biblioteca Civica 1983 Montreal (Canada), Centro Culturale Ambasciata Italiana 1984 Alessandria, Palazzo Guasco.