A Catania, il Castello Ursino non rappresenta soltanto l’attrazione principale della suggestiva piazza Federico II di Svevia; è infatti uno dei rari edifici di epoca medievale sopravvissuti al terremoto del 1693.

Inizialmente costruito sul mare, il Castello Ursino fu poi circondato dalle lave del 1669, che ne riempirono il fossato e spostarono in avanti il tratto di costa. Secondo lo storico Santi Correnti, il suo nome deriverebbe dall’appellativo “Castrum Sinus”, ovvero “Castello del Golfo”.

La sua costruzione è collocabile fra il 1239 e il 1250; molto probabilmente, rientrava in un più complesso sistema costiero di fortificazioni che includeva anche altri castelli della Sicilia orientale. In più, il suo aspetto maestoso voleva fungere da monito verso la città etnea, spesso riottosa e ribelle nei confronti dell’autorità imperiale. Non a caso, la scultura sulla facciata raffigura proprio l’aquila sveva nell’atto di soggiogare una lepre.

Opera dell’architetto Riccardo da Lentini, l’impianto sorge su resti di edifici più antichi risalenti al primo nucleo della polis greca di Katane. A pianta quadrata, misura 50 metri per lato ed è munito di quattro torrioni circolari agli angoli alti circa 30 metri e con diametro di 10 metri. Originariamente, ogni lato aveva anche una torre mediana del diametro di 7 metri (oggi ne restano solo due). I muri, spessi 2 metri e mezzo, sono realizzati in pietrame lavico, con il sistema dell’opus incertum già largamente diffuso in epoca romana. Alla base del castello, gli scavi più recenti hanno portato alla luce delle particolari scarpate che conferivano alla struttura un effetto ancor più imponente.

All’interno, ognuna delle grandi sale è divisa da tre campate coperte da volte a crociera; queste volte si dipartono da semicolonne dai capitelli decorati con motivo di foglie. Nelle torri minori di nord e sud erano collocate delle scale a chiocciola che collegavano il piano superiore a quello inferiore. I restauri degli anni Trenta del Novecento hanno rivenuto tracce di impianti idrici e igienici estremamente curati, sia sotto il profilo ingegneristico che dal punto di vista architettonico.

Nel corso dei secoli, il Castello Ursino ha subito diversi rimaneggiamenti per adattarsi al gusto corrente e alla destinazione d’uso. In età rinascimentale, ad esempio, sono state aggiunte la scala gotica del cortile interno e alcune finestre, come quella, bellissima, sormontata dal pentalfa nero in pietra lavica. Anche le merlature, di solito assenti nei castelli federiciani, sono un’aggiunta di epoca posteriore.

A un secolo dalla sua costruzione, il Castello si trovò inglobato all’interno di un quartiere e letteralmente soffocato dalle abitazioni. Nei primi anni del Quattrocento, Re Martino sgomberò tutto lo spazio circostante e lo trasformò in una piazza d’armi. Dopo essere stato teatro di diversi avvenimenti decisivi per la guerra del Vespro (in una delle sale, ad esempio, nel 1347 fu firmata la Pace di Catania tra l’infante d’Aragona Giovanni e la regina Giovanna D’Angiò), il Castello Ursino fu per molto tempo residenza di sovrani e vicerè, combinando la funzione di palatium a quella di castrum.

Federico III d’Aragona, poi re di Sicilia, ne fece dimora reale a partire dal 1296: da allora, il Castello fu abitato da tutti i suoi discendenti. Questo ruolo “residenziale” divenne preponderante nel XVI secolo quando, con l’avvento della polvere da sparo, il maniero venne sempre meno utilizzato a scopi difensivi. Fu quindi residenza del vicerè, mentre alcuni dei suoi locali furono adibiti a prigione; funzione, questa, che si protrasse fino al periodo borbonico. Danneggiato dal terremoto del 1693, il Castello Ursino fu poi ristrutturato nel corso del Settecento, diventando a tutti gli effetti un fortino militare con annesso carcere (Forte Ferdinandeo).

I graffiti dei carcerati, a tal proposito, sono ancora ben evidenti sui muri del cortile interno e sugli stipiti delle porte del piano terra. I più antichi risalgono ai primi anni del Cinquecento; i più scarni si limitano ad un disegno, ad un nome, ad una data o alla frase Vinni carceratu, ma altri sono iscrizioni più complesse, nelle quali il prigioniero protesta la propria innocenza o lamenta la durezza della propria reclusione.

In questa fase finale del suo ruolo di maniero, il Castello fu dotato di sovrastrutture che ne occultarono quasi del tutto l’impianto originario, e dalle quali venne liberato grazie al restauri degli anni 1932-34.

Dal 1934, il Castello Ursino accoglie, in qualità di Museo Civico, i reperti provenienti prevalentemente dalle collezioni del Principe di Biscari e dei monaci benedettini di San Nicola la Rena. Le sue sale, inoltre, ospiteranno fino al 3 novembre del 2019 il celebre “Kouros ritrovato”, mostra che espone, finalmente assemblati, il torso del Kouros di Lentini e la Testa Biscari appartenenti ad un’ unica statua tardo arcaica greca.

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Donatella Pezzino

Dal Blog: Donatella Pezzino – La Sicilia, terra e donna