L’intenzione di evitare ogni contatto con le associazioni di volontariato e company è ammirevole e viene mantenuto per qualche giorno, poi il desiderio di scendere sul campo di battaglia ha il sopravvento, e allora nulla lo può trattenere nel riprendere la sua azione di disturbo. Il giornalista ha solo l’imbarazzo della scelta e alla fine opta per la tappa tra le più tranquille vissute da Massimo: il dormitorio nella parrocchia Madonna Dell’aiuto. L’uomo è stato loro ospite per un paio di mesi, marzo e aprile, andandosene in prossimità della chiusura della struttura, avvenuta nei primi giorni di maggio. Rispetto agli altri dormitori sembra di stare in un albergo a quattro stelle. Dodici ospiti che dormono in letti singoli distribuiti in un unico camerone, niente armadietti o comodini, ma solo una sedia dove appoggiare le poche cose personali; troppo poco, ma prevale lo spirito di adattamento. Le reti e i materassi sono buoni, l’igiene e la pulizia in generale sono rigide norme da rispettare, così come gli orari d’entrata e uscita dal dormitorio. La sera si cena, grazie alla generosità dei volontari e frequentatori della parrocchia che, a turno, preparano dei primi e secondi piatti veramente squisiti. Non si può dire la stessa cosa quando, cosa che non succede di rado, la buona cucina viene sostituita da preparati di gastronomia presi in alcuni locali della città. Molta di questa roba finisce nel grande sacchetto nero per i rifiuti. Il massimo responsabile del dormitorio è naturalmente il parroco della parrocchia, un gesuita, ma chi gestisce il tutto è una donna di mezza età dal corpo minuto, che contraddice il carattere duro e deciso; una specie di sergente di ferro. La donna fa di tutto per mostrarsi solidale e umanitaria, ma in certe situazioni si lascia andare in atteggiamenti non consoni alla sua figura, mettendo in evidenza l’aspetto spigoloso del suo carattere, provocando fra gli ospiti un comprensibile malcontento. Forse è dovuto allo stress che ha accumulato in tanti anni di volontariato. È opinione di tutti che una lunga vacanza sarebbe servita a rigenerare la donna, ormai giunta allo stremo delle forze.

«Massimo ne era convinto» dice Sergio. «Quella donna non era cattiva, ma psicologicamente logorata, in alcuni momenti sembrava più confusa di noi ospiti, con le conseguenze che lascio a lei immaginare.»

«La cosa è grave» osserva il giornalista.

«Non stia lì a meravigliarsi, l’intero sistema è malato, siamo più utili a loro che viceversa. Siamo nelle mani di nessuno, come recita il titolo di un romanzo sui senza fissa dimora.»

«Quindi nemmeno questa esperienza si è rivelata positiva?»

«Non so cosa intende per positivo, perché di positivo in questo ambiente non c’è assolutamente nulla. È bene mettere dei punti fermi, altrimenti si rischia di creare confusione. Il suo articolo, mi dispiace dirglielo, sarà una specie di “Via Crucis”. Se pensava di scrivere qualcos’altro, cambi strada.»