Armata Brancaleone, di  Agostino Pietrasanta

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Alessandria: Mi limito a un’ usuale chiacchierata da bar anche perché non mi pare che gli addetti ai lavori della nostra politica (?) e neppure la maggioranza delle élite pensanti del nostro Paese si distinguano almeno un poco dalle suddette chiacchierate. E allora prendetemi alla buona; non ho alcuna pretesa di specifiche lucidità di giudizio.

Constaterei per intanto che due settimane addietro si procedeva a descrivere le magnifiche sorti e progressive del nuovo governo, quando Draghi non aveva neppure ancora sciolto la riserva. Ora si propongono non solo riserve di ogni genere, ma bene spesso dissensi a prescindere o a riferimento dei comportamenti pregressi di un personaggio che, a mia conoscenza, non ha mai fatto il Presidente del Consiglio, mentre nei ruoli ricoperti non ha certo sfigurato, neppure quando faceva, con qualche forzatura, gli interessi della sua patria. Mio nonno che non aveva la licenza elementare (classe 1882) avrebbe obiettato: lasciamolo fare, stiamo a vedere, poi, e solo dopo, potremo anche dire. Mi associo: lasciamolo fare, speriamo risolva il problema dei vaccini e quello della destinazione virtuosa dei fondi europei, poi ci risentiremo su cose concrete. Ovviamente concrete, ma del tutto parziali: non esageriamo a pretendere riforme promesse da decenni, ma mai portate a termine neppure quando la classe politica era di altra taratura: questo lo capiscono anche al bar.

Ancora. Mi capita talora di seguire i soliti dibattiti televisivi; senza esplicita citazione ne richiamo uno in particolare. Non ne dico titolo per un’ordinaria ragione di rispetto degli interventori, ma personalmente dopo le 21.15 io, da quando ho superato gli ottant’anni, mi addormento. Mi capita così di sentire strani ragionamenti a favore del governo Conte II e in sostegno all’idea purtroppo venuta meno di un Conte III, in contrapposizione a un governo Draghi che non abbiamo ancora possibilità alcuna di giudicare. Ora del governo Conte II non penso affatto male, anzi; tuttavia mi parrebbe che il Conte III non si sia formato perché non si è trovata una pur tentata maggioranza nel Parlamento, per le pregiudiziali inamovibili del Rottamatore (maiuscola intenzionale) 2%. E allora?

Il ragionamento da bar potrebbe anche concludere: di necessità virtù, al netto del prestigio del nuovo Premier.

Continuiamo con ordine di elencazione. Si dice, o almeno molti dicono. Siamo a una squadra di governo piuttosto discutibile. Potrei cavarmelo col dire che, soprattutto in politica, tutto si può discutere, ma vorrei anche aggiungere un’altra osservazione di mio nonno: faccio la minestra con la verdura disponibile. E, direi ancora, coi giochi di una compagine parlamentare eterogenea chiamata a solidarietà dal capo dello Stato, la discussione si fa perplessità. Alla chiamata c’è stata risposta di convergenza, ma in quanto a solidarietà si richiederebbe un altro livello di preparazione culturale e di coerenza ideale. E queste cose chi non le ha non può darsele, neppure se è stato eletto democraticamente. Insomma, un’armata brancaleone” difficilmente potrebbe trasformarsi in un gruppo parlamentare coeso.

Ci sarebbe però un cemento unitario: tutti si sono detti, o per tradizione o per miracolosa quanto fulminea  conversione, europeisti convinti. E allora veniamo a qualche accenno nel particolare, con riferimento ai partiti.

Cominciamo dall’unica forza di opposizione. Giorgia Meloni, con coerenza si è dichiarata non contraria a una realizzazione europea; ha però precisato: confederazione, non federazione. Tutti, anche al bar, sappiamo cosa significa: niente unione fondata sui cardini di una comune politica estera, organizzazione di un sistema di difesa, unità economica a sostegno di quella monetaria. Se non altro la Meloni ha parlato chiaro e, secondo una logica coerente con le sue scelte di sempre ha posto una barriera insuperabile sulla via dell’Unione.

Si dirà: questa però è l’opposizione. Diciamo allora della maggioranza. La Lega, soprattutto con Salvini non solo ha fondato il proprio consenso sull’antieuropeismo, unito alla declinazione dei respingimenti e della chiusura alle miserie dei profughi, ma ne ha fatto un capitolo essenziale del suo programma, senza escludere pericolosi percorsi di esasperato nazionalismo e di isolamento del Paese fondato sul populismo più radicale. Ora, le conversioni sono sempre possibili, ma si desidererebbe uno straccio di elaborazione programmatica sullo specifico e di giustificazione in prospettiva di maturazione politica. In caso contrario ci sorge il dubbio di una riserva mentale, esposta a probabili giravolte non appena si dovesse prospettare una questione di consenso.

Il Movimento grillino è un pianeta indecifrabile e su parecchie questioni, al suo interno, nessuno ha torto e nessuno ha ragione; tuttavia il suo “incipit” ha fortemente impegnato il comico sul versante dell’uscita dall’Euro. Tanto che per il Conte I l’accordo Lega-5S, in materia ha trovato facile “fratellanza”.

Vengo ai dolori DEM. Dico, anche dolori personali: dovendo scegliere l’ho sempre fatto, anche per gli amici che ho incontrato. Il fatto è che siamo di fronte a un progetto fallimentare e ora, come conseguenza e concausa nel contempo, all’interno del PD resiste cristallizzata l’ideologia egemonica della sinistra, senza più la forza di un ideale solidaristico costitutivo e residua una minoranza quasi insignificante che subisce i riferimenti ai “principi non negoziabili” senza alcuna capacità di mediazione culturale e politica. Per la verità sulla realizzazione dell’Unione il PD e i suoi antenati sono sempre stati assertori convinti, ma anche sempre condizionati dal pregiudizio ideologico di cui ho fatto cenno: basterebbe richiamare l’incapacità  dimostrata a tutti i livelli e da parte di tutte le componenti a affrontare con autonomia politica la questione delle radici culturali e cristiane assolutamente innegabili del Continente.

Ora però chiudo, altrimenti la finisco con un abbraccio a Berlusconi con cui mi sono sempre trovato in netto dissenso. E non ne sono pentito.