Il primo Dpcm del nuovo Governo Draghi si trova ad affrontare una fase molto delicata della pandemia. La curva dei contagi mostra segni di risalita, probabilmente a causa di due fattori concomitanti: da un lato sappiamo infatti che quando le misure sono poco restrittive, come nelle zone gialle, il virus torna lentamente a riprendere forza; dall’altro, a far saltare i numeri sono entrate in scena le nuove varianti virali. La presenza delle varianti del virus nel nostro Paese desta giustamente preoccupazione, non solo per la loro maggiore trasmissibilità ma anche, nel caso delle varianti brasiliana e sudafricana, per la minore sensibilità agli anticorpi presenti nelle persone guarite o indotti dai vaccini. Finchè non ci sarà una vasta, efficace e persistente copertura vaccinale, bisognerà quindi continuare a controllare il virus attraverso le restrizioni. E il nuovo Dpcm va esattamente in questa direzione: non solo si confermano il divieto di spostamento tra le Regioni e la chiusura di palestre, piscine e impianti sciistici, ma si rafforzano ulteriormente le zone rosse, con il divieto di visita ai parenti, la chiusura di parrucchieri e barbieri e, soprattutto, di tutte le scuole.
La maggiore trasmissibilità della variante inglese, che è già la variante prevalente in Italia, ha portato ad un forte aumento dei contagi nei bambini e nei ragazzi, in linea con quanto già osservato anche all’estero. Mentre finora il ruolo dei bambini nella diffusione del SARS-CoV-2 è stato quindi modesto, in presenza di questo virus modificato, più contagioso e probabilmente più aggressivo, lo scenario cambia sensibilmente. Nonostante i più giovani continuino ad essere fortunatamente risparmiati dalle forme più gravi di COVID-19, l’aumento dei casi di positività nelle fasce di età dai 6 ai 19 anni ha portato alla decisione di chiudere tutte le scuole di ogni ordine e grado nelle zone rosse o laddove l’incidenza cumulativa settimanale dei contagi sia superiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti. Non si tratta quindi di un attacco alla scuola né tanto meno di un ripensamento rispetto alle posizioni precedenti: il virus è cambiato e con esso la situazione epidemiologica del territorio e le misure che dobbiamo mettere in atto per contrastare l’epidemia.
E’ forse questa la lezione più importante che la scienza ci ha fornito nell’ultimo anno: non dobbiamo e non possiamo avere posizioni dogmatiche ma, al contrario, è necessario essere pronti a riconsiderare le nostre scelte sulla base dei dati scientifici. A tale riguardo, la conferenza stampa dei ministri Speranza e Gelmini e dei presidenti dell’Istituto Superiore di Sanità e del Consiglio Superiore di Sanità segna un forte e positivo cambiamento rispetto al passato. La comunicazione pacata, argomentata, accompagnata dai dati, lenta, serena e rispettosa di chi era in ascolto è stata in grado di far capire che le decisioni sono sofferte ma necessarie, che dietro ogni scelta c’è una seria analisi dei dati, che il Governo intende basarsi su parametri e valutazioni scientifiche per continuare il suo operato nel contenimento del virus. La speranza, a questo punto, è che anche le scelte sui vaccini si possano poggiare sulle stesse solide basi della scienza, senza fretta, improvvisazioni o intuizioni. Tra pochi mesi avremo a disposizione un numero sufficiente di dosi di vaccini diversi per poter programmare al meglio la campagna di vaccinazione, garantendo a tutti i cittadini che scelgano di vaccinarsi la più efficace e sicura protezione contro il SARS-CoV-2 e le sue varianti.

(Editoriale uscito oggi su La Stampa)