Alla scoperta del bianco

Un viaggio tra simboli e allegorie nel mondo animale e vegetale

di Luciana Benotto

Altrettanto interessante e curioso è il bianco nei linguaggio dei fiori, delicate creature i cui calici sono ricettacoli di pioggia e rugiada. E se i fiori bianchi sono quelli meno vistosi, in compenso hanno la peculiarità di profumare intensamente.

 Il gelsomino, per la sua penetrante fragranza e per la sua delicatezza, è considerato il fiore del Paradiso. Di solito è posto in forma di ghirlanda sul capo dei santi e degli angeli, ma Pascoli nella sua poesia “Il gelsomino notturno” epitalamio che volle dedicare ad un suo amico che si ammogliava, lo intese come la vita che sarebbe presto germogliata nel ventre della sposa.

La rosa bianca è il fiore di Afrodite. Narra il mito che quando la dea nacque dalla spuma del mare di Cipro, spuntò subito un cespuglio spinoso che, asperso dal nettare degli dei, fece sbocciare immantinente, delle meravigliose rose bianche.

 E per rimanere in ambito mitologico, non si può dimenticare il narciso bianco, il cui profumo è soporifero; e questa sua caratteristica narcotizzante ne fa un simbolo funerario; d’altronde il suo nome greco nárkissos, deriva dal verbo narkáo, che significa irrigidire, intorpidire, chiara allusione alla morte. E proprio perché innamorato di se stesso muore il bellissimo Narciso, il figlio della ninfa Liríope che, compiuti i quindici anni un giorno, assetato, si chinò su una fonte cristallina ove si vide riflesso, senza sapere che quell’incantevole immagine era la sua. Innamoratosi perdutamente di quella creatura che viveva nell’acqua, toccò più volte la superficie per accarezzarla, ma quella, svaniva sempre, allora lui, disperato perché l’altro lo fuggiva, si lasciò cadere nello stagno ed annegò. In questa storia narrata da Ovidio nelle “Metamorfosi”, il ragazzo col nome di un fiore, diventa quindi simbolo dell’egoismo e dell’amore per se stessi.

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