Attraverso la Rotta europea – come è giusto chiamare la cosiddetta Rotta balcanica – scorre nientedimeno che la crisi della civiltà di origine europea, della civiltà cosiddetta ‘occidentale’, la cui ‘identità’ si forma in contrapposizione a ‘identità’ definite altre e inferiori, fra cui quella chiamata Medio Oriente, detto anche Vicino Oriente.
Il colonialismo è stato ed è ancora in forme diverse l’atteggiamento del potere che il blocco occidentale, la cui espressione militare è la NATO, ha esercitato ed esercita sul resto del mondo. Un potere che, come economia di mercato, si è diffuso in tutto il mondo, anche presso altri poteri sorgenti, come quello della Cina.
I migranti che vengono dal Medio Oriente per raggiungere l’Unione Europea, passando attraverso i Balcani che soffrono ancora le conseguenze di una terribile guerra civile fomentata dalle potenze occidentali, portano nei loro corpi in cammino – in game – i segni di una triplice crisi, di cui sono l’elemento dinamico: la crisi dell’Europa, la crisi del Medioriente, la crisi dei Balcani.
Una delle tante facce della radicale crisi globale di questo XXI° secolo.
‘Identità’ vuol dire definizione di un soggetto, individuale o collettivo, per contrapposizione nei confronti di altri soggetti, spesso ridotti al livello di oggetti: identità dell’Europa e dell’occidente, contrapposta a Oriente; identità di uno Stato europeo o occidentale contrapposta agli ‘altri’; identità di cittadini europei e occidentali contrapposta ai non europei o non occidentali.
Chi percorre la Rotta europea dalla Turchia a Trieste, rischiando la vita, mette in crisi queste identità nella misura in cui anche la sua identità di subalterno è in crisi per la situazione attuale del mondo e di quel pezzo di mondo chiamato Medio Oriente.
L’identità bosniaca, a sua volta, è strutturalmente in crisi: l’identità fragilissima di uno Stato piccolo, povero e privo di sovranità effettiva, uscito da una terribile guerra identitaria, che ha dissolto il tentativo di unificare parte delle popolazioni dette balcaniche in uno Stato più vasto e con una prospettiva socialista, divenuto un corpo estraneo nell’esaltazione seguita alla più vasta dissoluzione dell’URSS.
I migranti sono diventati quindi i segnalatori di questa triplice dissoluzione che è incisa nei loro corpi offesi. Per questo sono visti come un dannoso corpo estraneo agli europei dell’Unione, ai bosniaci, a tutti gli Stati dell’area; e sono estranei a loro stessi, che vengono da un mondo irreversibilmente distrutto.
Per questo il loro doloroso rischioso varcar confini è un segnale politico epocale che va raccolto a tutti i costi.
I migranti mostrano quello che l’Unione Europea è. Vanamente tenta di nascondersi sotto le bandierine di carta straccia dei diritti umani e del progresso, mentre è un sistema di potere neoliberista indifferente se non ostile a tutto ciò che non sia il profitto e il vantaggio di una stretta minoranza.
Nelle rotte dei migranti è in gioco tutto quello che siamo.

Post di Gian Andrea Franchi

(foto di Francesco Cibati)