Leonardo da Vinci “Il Cenacolo Vinciano” (Ultima Cena) 1495-1498 tempera e olio su intonaco cm. 460×880 Refettorio – Convento di Santa Maria delle Grazie, Milano 

A cura di Manuela Moschin del blog https://www.librarte.eu

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Benvenuti carissimi, oggi vi parlo dell’Ultima Cena (Cenacolo Vinciano) (1495-1498), un’opera di grandi dimensioni, collocata nel refettorio del convento della Basilica e Santuario Santa Maria delle Grazie a Milano, alla quale Leonardo Da Vinci (Anchiano, 1452-Amboise 1519) dedicò uno studio meticoloso e una lunga ricerca. Il termine Cenacolo si riferisce al luogo dell’antichità dove si consumavano i pasti.

Il dipinto, che fu iniziato nel 1495 e terminato nel 1498, acquisì da subito una grande fama. Purtroppo,  però,  a causa della tecnica a secco impiegata da Leonardo (1452-1519) già nel 1517 iniziò a deteriorarsi. Fu soprattutto l’utilizzo della tempera mista a olio su due strati di intonaco a danneggiare l’opera, che cominciò ben presto a scurirsi. E’ probabile che Leonardo, desideroso di effettuare interventi di rifinitura, avvalendosi di profonde riflessioni e meditando sul risultato del dipinto, avesse preferito una modalità con un’asciugatura più lenta, evitando così la pittura a fresco, che al contrario richiede al pittore di essere veloce.

Negli anni l’opera  subì molti interventi di ridipintura, che danneggiarono ulteriormente i colori. Il restauro, iniziato nel 1977 e concluso nel 1997,  mise in luce gran parte del capolavoro del maestro.

Il dipinto fu commissionato da Ludovico il Moro nel 1494, come si evince dalle tre lunette con le insegne ducali entro ghirlande con foglie e frutta. Esiste un’altra fonte importante, ossia la richiesta che il duca fece al suo intermediario Marchesino Stanga il 29 giugno 1497 che, al fine di sollecitare la conclusione dell’opera, disse:“Finischa l’opera del Refettorio delle Gratie principiata, per attendere poi ad altra fazada d’esso refitorio”.

Proviamo ora a considerare i dettagli nello specifico. Leonardo, nel rappresentare la stanza, si attenne rispettando in maniera minuziosa un’architettura strutturalmente precisa, che è rilevabile dalla quadratura del pavimento, dal soffitto a cassettoni, dalle tappezzerie delle pareti, dall’articolazione delle finestre e dalla tavola. Ciò è dovuto anche all’attenta applicazione della prospettiva geometrica, che Leonardo perfezionò anche attraverso l’uso del colore.

L’artista raffigurò nei minimi particolari le pieghe della tovaglia, il pane, i piatti e i bicchieri sulla tavola, evidenziandone i riflessi e le trasparenze al fine di rendere la scena realistica.

E’ necessario, innanzitutto, osservare che il tema trattato dal pittore  è stato rappresentato allontanandosi dalla consueta iconografia, che sino a quel momento veniva raffigurata.

Se si osservano, ad esempio, i dipinti di Andrea del Castagno (ca 1421-1457) o di Domenico Ghirlandaio (1449-1494) si potrà constatare che in queste opere il Cristo venne illustrato durante l’Eucarestia, mentre sta benedicendo il vino e il pane. Giuda veniva collocato di fronte a Gesù, dall’altra parte del tavolo e,  come si narra nei Vangeli, San Giovanni veniva  raffigurato con il capo sul petto del Signore.

Ecco, tutto ciò non venne raffigurato nell’ Ultima Cena di Leonardo, perché per la prima volta Gesù non è stato rappresentato durante la consacrazione dell’Eucarestia. Sulla tavola, invero non compare il Sacro Calice e Giuda non si trova di fronte a Gesù, ma fu inserito tra gli Apostoli.

Queste  innovazioni sono sconvolgenti se pensiamo che l’opera  è stata eseguita in un convento dei domenicani. Ne conviene che Leonardo si discostò dai suddetti canoni iconografici, incentrando il significato del dipinto essenzialmente sull’annuncio da parte di Gesù del tradimento di Giuda, secondo il Vangelo di Giovanni:

“In verità, in verità vi dico: Uno di voi mi tradirà”. I discepoli allora si guardarono l’un l’altro, non sapendo a chi alludesse. Ma uno dei suoi discepoli, quello da Gesù prediletto, stava appoggiato presso il petto di lui. A questo dunque fe’ cenno Simon Pietro, e gli disse:”Domanda chi è quello di cui parla”. (Giovanni, 13, 21-24). 

Il pittore desiderò rappresentare il tradimento di un amico, attraverso una scena contrassegnata da un estremo dinamismo, rilevabile dalla reazione emotiva degli Apostoli. Le posizioni dei corpi, l’espressione dei volti e i gesti sono la conseguenza visibile dei moti dell’animo. Con la locuzione I moti dell’animo Leonardo intendeva riprodurre i movimenti, il pensiero e le emozioni dei personaggi attraverso il linguaggio dei corpi, delle mani e dei volti. 

Egli si concentrò soprattutto sui gesti e sulle espressioni degli Apostoli, inserendo una serie di significati occulti, che sono stati da sempre oggetto di analisi.

Essi stupefatti si interrogano, meditando sulle parole del Redentore. Le figure possiedono tutte un carattere individuale, che Leonardo ottenne attraverso una ricerca anatomo-fisiognomica molto accurata. I lineamenti dei volti vennero ammorbiditi, utilizzando la tecnica dello sfumato leonardesco, allo scopo di sfumare i contorni delle figure.

In un disegno preparatorio per il Cenacolo (Windsor 12555r), dove rappresentò forse Giuda, egli scrisse: Quando fai la figura, pensa bene chi ella è e quello che tu vuoi che ella facci”, riferendosi, quindi, alla sua natura psichica, al suo carattere e alla fisiognomica.

Cerchiamo ora di individuare i personaggi ritratti. Procedendo da sinistra troviamo l’Apostolo Bartolomeo che, improvvisamente alzandosi in piedi, appoggia le mani sul tavolo. Di seguito ci sono Giacomo Minore e Andrea.

L’Apostolo Giuda è l’unica figura in ombra, egli indossa una veste verde e blu, il colore del tradimento. Sorpreso si volta verso Gesù, rovesciando con il gomito destro la saliera, un segno che allude alla sfortuna. E’ situato in posizione più avanzata rispetto agli altri Apostoli e ciò è dovuto alla torsione del busto. 

La sua veste, a differenza delle altre, è priva della gemma a castone, ovverosia di un fermaglio situato sullo scollo. Da una ricerca della studiosa Elisabetta Sangalli di Monza, pubblicata nel volume intitolato Leonardo e le dodici Pietre del Paradiso, risulta che le gemme preziose incastonate negli abiti degli Apostoli e di Cristo possiedono un grande valore simbolico. Vediamo qualche esempio: la pietra attribuita a San Giovanni simboleggia la spiritualità; la gemma blu di Andrea, invece allude alla fondazione della Città celeste, descritta nell’Apocalisse; a Gesù è stato associato uno smeraldo, come simbolo di rinascita e di pace.

C’è un altro particolare molto importante: i simboli misteriosi inseriti da Leonardo si riferiscono non solo alla Bibbia, ma anche un libro eretico, uno dei vangeli apocrifi (indica ciò che è tenuto nascosto) proveniente dall’eresia medievale bulgara. Affini agli occidentali della setta dei Catari, contiene una rivelazione segreta di Gesù relativa all’Ultima Cena, intitolato Interrogatio Johannis detto anche La cena segreta.

Nel volume, scritto in latino medioevale, vengono narrate le conversazioni che l’evangelista Giovanni ebbe con Cristo, in seguito alle ultime visioni dell’Apocalisse. I catari non accettavano i sacramenti cristiani, ma seguivano il consolamentum, ovvero un sacramento unico. 

Arriviamo quindi al fulcro del racconto, osservando che nell’Interrogatio Johannis i catari affermarono che, per riuscire a individuare il traditore,  è necessario risalire al personaggio che assieme al Cristo,  mette la mano sullo stesso piatto. In effetti nel Cenacolo, Cristo allunga la mano destra verso il piatto, contemporaneamente a quella di Giuda. 

Continuando da sinistra verso destra troviamo Pietro. Nei Vangeli si narra che egli afferra un coltello con l’intento di tagliare  l’orecchio a Malco (dipinto di Giuseppe Cesari), il servo del Sommo Sacerdote Caifa. Risulta, infatti, che Malco accompagnò Giuda Iscariota ad arrestare Gesù. Accanto c’è Giovanni il discepolo “prediletto” dotato di una bellezza androgina. La figura allibita con le braccia allargate è Giacomo Maggiore.

Tommaso con il dito puntato in alto indica la venuta di Gesù. L’Apostolo Filippo possiede un’espressione dolce, mentre MatteoGiuda Taddeo e Simone  stanno discutendo inorriditi.

Leonardo dispose le figure in gruppi piramidali, partendo dal triangolo centrale, gli apostoli formano quattro gruppi di tre persone ciascuno. Essi furono disposti sei alla destra e sei alla sinistra, isolando la figura del Cristo.

Il numero tre rappresentava la Santissima Trinità e anche la fede, la speranza e la carità, ossia le virtù teologali.  Cristo attraverso le braccia tese crea un triangolo, probabile richiamo all’Eucarestia.

Egli è senza aureola, poiché Leonardo prediligeva illustrare le figure tramite un assoluto naturalismo. Si percepisce la divinità di Cristo mediante la visione della luce proveniente dalle tre finestre, simbolo della Trinità e dall’arco architettonico, che funge da aureola. Si viene così a creare un effetto prospettico, che induce l’osservatore a concentrare lo sguardo su Gesù, come epicentro dell’azione. Da una ricerca risultò che sulla testa del Cristo, Leonardo introdusse un chiodo dove appese dei fili, al fine di poter calcolare le linee prospettiche.

Leonardo da Vinci “Il Cenacolo Vinciano” (Ultima Cena) 1495-1498 tempera e olio su intonaco cm. 460×880 Refettorio – Convento di Santa Maria delle Grazie, Milano