Micla vede la mail di Paolo Calabrò per la pubblicazione e tutta eccitata inserisce le prime battute.
«È me che cerca» la blocca il suo alter ego; vestita di rosa sembra una bomboniera.
«Figuriamoci se qualcuno vuole leggere la biografia di una musona, permalosa, paranoica».
«Il racconto è mio, sono io quella che scrive, e poi la storia non ti riguarda».
«Però l’ho ispirata».
«Neanche per idea, ha due anni, tu sei nata l’anno scorso perché non respiravo, sei l’effetto collaterale del coronavirus…»
«Cosa!? Sono nata dalla tua fantasia perversa e pessimistica? Dovevo immaginarmelo».
«Dai qua, se no fai tardi. Devi portare Silver Lady a fare il vaccino».
«Sembra il nome di un gatto».
«La mia mamma è elegante e indipendente come un bel gatto, poi adesso è d’argento, sembra uscita da Spazio 1999».
«Si, ma parla tutto il tempo, io non resisto. Già ho Atomic Girl che ripete tutti i giorni le stesse tre cose, le dico che me l’ha già detto: si interrompe, deglutisce, mi punta con l’indice e continua».
Esce e se ne va.
Al Ristò decidono che Silver Lady è più sveglia di Micla, quindi entra da sola, la figlia aspetta all’uscita del percorso. Dopo un’ora sono passati quelli prima di lei e quelli dietro di lei. Micla comincia a preoccuparsi. Poi la vede con il suo piumino lunare, il ciuffo stufo — Silvia Più che ne dici del taglio alla Sharon Stone? — in mano la cartellina rigurgitante la storia della sua salute: sembra sempre che ha svaligiato l’archivio dell’ospedale.
Si guarda a destra e a sinistra nella speranza di trovare qualcuno a cui raccontare di nuovo tutto, ma delusa, viene accompagnata nell’ultima saletta per una breve sosta di circostanza.
Quindici minuti dopo è già pronta a fare quello che piace tanto a madre e figlia: shopping!
E chi se ne frega se ha ripetuto sei volte tutta la sua avventura fino a casa.
Però a casa… ha ricominciato.

Michela Santini

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