LA SCALA A CHIOCCIOLA

Quella scala con il corrimano così levigato, che invitava le persone a passarci le mani, era piacevole al tatto e dava l’impressione che facesse parte di ogni essere che appoggiasse la sua pelle sopra quel legno pregiato, esisteva già ancor prima che fosse terminato il palazzo ottocentesco, era appartenuto e abitato da dei signori benestanti, che nei primi anni del secolo scorso erano spariti misteriosamente , partiti per ignota destinazione e non avevano fatto più ritorno.

Saliva fino all’ultimo piano e terminava sotto una apertura del tetto, con un oblò che illuminava i suoi innumerevoli gradini , fino al pianterreno. 

Permetteva così di salire o scendere senza accendere l’illuminazione, con la soddisfazione di tutti gli inquilini per il risparmio energetico . Ad ognuno che si accingeva  a salire, non pesavano gli innumerevoli gradini. Sembrava che una forza invisibile spingesse con delicatezza le persone per aiutarli a non affaticarsi e mai nessuno si lamentava dell’ardua faticaccia.

Tutti gli abitanti del palazzo si conoscevano da tempo immemore e passavano molte ore sui pianerottoli a raccontarsi le loro vicissitudini, i loro problemi pecuniari, i loro acciacchi.

Erano tutti concordi nel dire che in quel palazzo ci stavano bene e mai avrebbero voluto spostarsi in un altro luogo.

I gradini erano sempre puliti e mai una cartaccia, una cicca, una foglia restavano più di un’ora su quel marmo rosa di Carrara.

Gli abitanti erano contenti di tutto ciò, ogni tanto però si interrogavano su chi tenesse così tanto alla pulizia della scala, nessuno mai aveva visto l’inserviente pulire.

Un giorno subentrò un nuovo inquilino nell’ultimo piano e, fin da subito si dimostro un essere abbietto e sgradevole. Restava a fare baldoria quasi tutte le notti fino alle prime ore del mattino, e con i suoi amici non rispettava il sonno dei vicini.

Da quel giorno l’atmosfera del palazzo cambiò, tutto divenne in poco tempo un mormorio di lamentele, era impossibile vivere in quel modo.

Tutti si incontravano per le scale e si rammaricavano per quell’intruso che aveva stravolto il loro quieto vivere.

Una notte dopo aver fatto l’ennesima festa, ancora più rumorosa e aver bevuto oltre misura, fino ad ubriacarsi, l’inquilino molesto si affacciò appoggiandosi alla balaustra per salutare i suoi ospiti, si senti tirare giù per la collottola da una mano invisibile e con un urlo raccapricciante precipitò nella tromba delle scale…

Finalmente la quiete era tornata!

Di Rosa Cozzi Da: Storie di amori, di delitti, e di risate DL. 1941/633

Rosa Cozzi